AVANTI CLICK

IL COMANDANTE  DI  STAZIONE.

14 luglio 2002.

Oggi, é  una giornata di festa, non perché festeggiamo una ricorrenza particolare, ma perché é domenica. A volte succede,  è un fatto raro che la domenica rimaniamo a casa davanti alla TV. In genere, nei giorni di festa andiamo sempre da qualche parte, se non andiamo in montagna, come al nostro solito, andiamo a scoprire luoghi nuovi, villaggi o  città storiche , di cui il nostro paese é particolarmente ricco.  Mentre stiamo seduti davanti al nostro personal computer fuori sta piovendo a dirotto, é uno di quei temporali estivi di breve durata, ma  questa  pioggia, in qualche modo, ha finalmente  mitigato l’afa, quell’aria calda  opprimente, quasi soffocante,  che durava da parecchi tempo. Finalmente, possiamo respirare a pieni polmoni un po' d’aria fresca. Ne avevamo veramente bisogno, come pure la campagna e non solo la Valle Padana, dove noi oggi viviamo, ma di tutto il nostro meraviglioso Paese.

Oggi, non racconteremo la storia di una nostra  escursione sulle Alpi o sulle Dolomiti: niente orde di alpinisti, lunghi serpentoni colorati di escursionisti come noi, che si avventurano in vallate solitarie, su per i ghiaioni sdrucciolevoli e strapiombanti e poi la cima da raggiungere, quella sospirata cima, che sta lì solitaria sulla tua testa e aspetta di essere conquistata.  Si, é vero, in quei luoghi solitari e meravigliosi, spesso la vita appare più schietta, più reale. Viene naturale lasciare scorrere fatti e sensazioni senza prendersi la briga di fermarli per osservarli bene... Spesso, siamo soli sopra un crepaccio, e pensiamo ai molti incidenti che ogni anno capitano  in montagna, con la tragica discesa nella tormenta, il volo nel crepaccio, la discesa nei grandi ghiaioni, le pareti strapiombanti, le selle i dirupi, la solitudine, la volontà di sopravvivenza e tutto ciò che simili avventure solitamente comportano. Non é neanche la storia di un’amicizia che in questo scenario  esplode e si rinforza, l’amicizia che ciascuno di noi vorrebbe avere vissuto.

Ma la storia non basta. Vissuta o inventata una storia non basta  mai, come scrive Paola Mazzarella:  “ per raccontare una storia, ci vogliono le parole: una scrittura che ci faccia dimenticare che siamo seduti in casa a leggere mentre fuori c’è il sole o sta  piovendo, come sta succedendo oggi. E’ l’unico criterio, in fondo, per giudicare un buon libro”. Così, ci auguriamo sarà questo nostra ennesima fatica  letteraria - escursionistica.

Con questa premessa,  vogliamo dire  che oggi non abbiamo intenzione di  parla di montagna o delle avventure capitate durante una escursione, ma  di che cosa parleremo dunque? Parleremo di piccoli ricordi che sfiorano dalla nostra memoria. Noi di una certa età, spesso siamo portati per natura verso un certo comportamento rievocativo  del nostro passato prossimo e della storia del nostro Paese . Man mano andiamo avanti con gli anni, questi ricordi, queste rimembranze, affiorano dalla nostra memoria  e ci fanno rivivere quel tempo passato, che fa parte integrante della nostra vita e per non dimenticare,  cerchiamo spesso di rievocarli.  Tutto questo non é una patologia, ma un prodigio della nostra memoria.

Prima di essere un appassionato della montagna, dell’arte e della letteratura, scusate, dimenticavo di dirvi che sono un vecchio Maresciallo Maggiore dei Carabinieri, e che ho trascorso la mia vita al servizio della legge, sotto le grandi ali dell’aquila della Benemerita, che per chi non lo sapesse, é l’Arma dei Carabinieri.

In questo capitolo, non intendo parlare soltanto di me medesimo, ma soprattutto della categoria dei Sottufficiali Comandanti di Stazioni: di questi uomini che fanno grande l’Arma, “spesso eroi sconosciuti, che vivono con e per i cittadini dei quali dividono gioie e dolori e la loro storia  personale più volte si confonde con quella di tutti, specie dei più deboli”.

 Ogni  qualvolta che sfogliamo un quotidiano o una rivista, leggiamo quasi sempre una storia che parla di un fatto eroico degli uomini dell’Arma. Anch’io , come migliaia di miei colleghi Marescialli e militari dell’Arma, ho immeritatamente avuto  la mia pagina di  lode.

Cercheremo, in questo contesto letterario, di parlare di due momenti: uno reale e uno immaginario. Tra realtà e racconto, c’è una grande differenza: la realtà, é la qualità di ciò che é reale, il racconto, é l’azione in cui l’autore espone fatti spesso immaginari ma che riflettono la realtà di un’azione compiuta.

LA REALTÀ.

Molti anni fa, é precisamente  negli anni Settanta, in un pomeriggio dolce di primavera ( ed anche in autunno) l’aria della Val Padana é veramente deliziosa e fa piacere fare quattro passi in compagnia di un amico in uno dei tanti piccoli e deliziosi borghi della Val Padana. Così é incominciata una lunga chiacchierata, seduti al tavolo del  piccolo bar “ La Crotta” di Bagnolo Cremasco, con l’amico giornalista Giovanni Bianchessi, e tra un caffè  e l’altro,  in quella chiacchierata parlammo  dei miei hobby e anche del mio servizio nell’Arma. In un suo lungo articolo, apparso sulla Provincia di Cremona, così scriveva del Maresciallo pittore Diego Cocolo.

“ Il Maresciallo Maggiore Diego Cocolo, Comandante della Stazione Carabinieri di Bagnolo Cremasco, ha partecipato con successo a mostre e concorsi.

Molti giudizi stanno cambiando nei confronti degli agenti che a prezzo anche della vita si dedicano alla custodia dell’ordine pubblico. Quante volte, ancora adesso si vede nel carabiniere o nel poliziotto un individuo, uno dei tanti anonimi con un volto ma non un nome, freddo, distaccato, duro, incapace di capire, di perdonare, di commuoversi: Al di là che il dovere di un agente implica anche atteggiamenti che possono farlo apparire soltanto un ingranaggio di una organizzazione che ha precisi compiti da svolgere, troppo spesso si dimentica che sotto la divisa c’è sempre un uomo, con tutti i pregi e i difetti connaturali alla natura umana.

Questo uomo ha un cuore, un animo sensibile che può appassionarsi ed emozionarsi. Può avere degli hobby per l’arte. Tra un furto e l’altro, fra un posto di blocco e l’altro, può anche trovare il tempo per esternare la propria sensibilità su una tela.

E’ il caso del Maresciallo Diego Cocolo, comandante della locale Stazione Carabinieri di Bagnolo Cremasco. Nei brevi ritagli di tempo che la sua attività gli consente, egli ama cimentarsi con gli oli e le tele per dare corpo e consistenza a quei paesaggi, agli scorci di natura che l’hanno impressionato in occasione di un viaggio, durante le ferie.

Ha incominciato nella verde età a dedicarsi al disegno, prima che alla pittura vera e propria. In Liguria, dove si era trasferito dalla natia Calabria (Cocolo ha avuto i natali a Cosoleto nel 1927), ha frequentato una scuola d’arte. Ha approfondito le sue conoscenze sotto la guida del maestro Renato Scheyola, anch’egli Maggiore dell’Arma in quiescienza ad Alessandria. Ha seguito, dietro consiglio del maestro, dei corsi anche a Brera, nel periodo della sua residenza, già carabiniere ad Alessandria.

Spostandosi da un luogo all’altro della Penisola ha avuto modo di conoscere da vicino e di apprezzare le bellezze naturali che si trovano in ogni angolo d’Italia. Lo spirito d’osservazione, coltivato per motivi professionali, lo aiuta a cogliere nella loro essenza i particolari più significativi di un paesaggio montano, di una piazza, di una strada e di uno scorcio marinaresco della Costa Ligure.

L’animo gentile che alberga sotto la divisa austera, i bottoni argentati, le mostrine, cioè gli alamari argentati e i gradi di Comandante, rimane estasiato di fronte a queste bellezze e sollecita in lui il desiderio di riportare queste impressioni sulle tele.

Durante i viaggi, in occasione delle ferie estive, il Maresciallo Cocolo appronta i suoi quadri in miniatura per poi riprenderli nello studio allestito in un locale della caserma: Dipinge per sé, per manifestare a se stesso la sua passione per la pittura. E’ un hobby, non un lavoro. Diventerà l’occupazione ufficiale quando andrà in pensione. Per ora é solo un diletto. Per diletto partecipa anche a mostre e concorsi. Ha esposto a Genova, Bergamo, Savona,  Alessandria, Bagnolo Cremasco, Crema, Milano e Pandino. Ha pure ottenuto significativi riconoscimenti. L’ultimo in ordine di tempo é il primo premio conquistato a Breda Cisoni  in un concorso nazionale.

Il Maresciallo Cocolo, prima di essere trasferito a Bagnolo Cremasco, ha retto il Comando della Stazione di Caravaggio, proveniente dal II Battaglione CC, di Genova. A Genova, negli anni Sessanta, é precisamente il 5/6 ottobre del 1966, in occasione di sciopero generale, gli é stato concesso , dal Comando della Divisione di Milano, un encomio solenne.

Sempre a Genova, alla fine del mese di novembre dello stesso anno, in occasione dell’alluvione, con conseguenze rovinose per le campagne delle Langhe e soprattutto per la cittadina di Acqui Terme: strade allagate da un mare di fango, case sventrate, cantine allagate e casolari distrutti. In quell’occasione,  sono stati impiegati gli uomini dell’intero Battaglione, che per due settimane si sono prodigati incessantemente, per aiutare  quella popolazione così duramente colpita. Il Maresciallo Cocolo con i militari del suo Reparto ed i volontari, in   quella occasione, si é particolarmente distinto, tanto che il Ministero della Difesa, gli concedeva l’encomio solenne, per il  coraggio dimostrato e per le decisioni prese, nell’affrontare situazioni critiche in quei momenti particolarmente difficili.

Alle pareti del suo ufficio, oltre ai suoi quadri, fra i quali, fa bella mostra di sé un disegno a matita colorata, riproducente l’eroe Salvo D’Acquisto, vi sono appesi i due attestati di benemerenza. Il Maresciallo Cocolo, non ha voluto fare alcun commento. Si é soltanto limitato a dire: “Quelle sono cose di normale amministrazione. Le grandi manifestazioni  di  piazza, che spesso si verificano nelle grandi città, come Genova, Milano, Torino e Roma, l’acqua e il fango non fermano il coraggio  e la solidarietà dei Carabinieri”.

IL RACCONTO.

Dopo l’articolo di Bianchessi, che ha voluto lodare, immeritatamente, le mie doti artistiche e alcuni momenti della mia vita di Comandante di Squadra, presso il II Btg. di Genova, in situazioni particolarmente difficili, sia per l’ordine pubblico quanto per le difficoltà incontrate nelle zone alluvionate , specialmente nei villaggi delle Langhe.

Dopo questa piccola premessa, riportiamo qui di seguito, il racconto molto significativo, con dovizia di particolari, che ha attratto la nostra attenzione del giornalista Andrea Castellana, apparso sulle pagine della Rivista “ Fiamme d’Argento” del 7 luglio 2002. Con questo racconto, egli vuole manifestare “la sua gratitudine ai Comandanti delle Stazioni spesso eroi sconosciuti, che vivono con e per i cittadini dei quali dividono gioie e dolori e la loro storia personale più volte si confonde con quella di tutti, specie dei più deboli”. Fatti di questo genere, giorno dopo giorno, ci vengono raccontati nei servizi giornalistici alla TV, e poi, li leggiamo spesso sui quotidiani e sulle riviste della carta stampata.

 Andrea Castellana, così scrive: “Negli anni ’60 del secolo scorso fu destinato al Comando di una Stazione Carabinieri della Campania, il Maresciallo Maggiore Ambrogio Locatelli ( milanese DOC) Il sottufficiale era molto alto ( quando gli chiedevano la statura, scherzosamente rispondeva: metri 2,10, come Carlo Alberto) ed aveva muscoli forti e ben rilevati. Avendo prestato servizio, per diversi anni, nel Reggimento Carabinieri a Cavallo, calzava quasi sempre stivali neri rigidi. Il suo comportamento era caratterizzato da massima decisione e dinamismo e più volte ripeteva: “ fa minga pèrd tèmp” ( non fare perdere tempo). Un giorno, sulla zona si abbatté un fortunale, con conseguenze rovinose, a causa della mancata manutenzione dei “ regi lagni” ( opere borboniche d’ingegneria per il deflusso delle acque). Il Maresciallo Locatelli con i militari del suo Reparto e quelli avuti di rinforzo sembrava onnipresente, ma la sua attenzione era diretta in maggior misura alla località “ Mauro”, dove una frana aveva travolto alcune vecchie casupole monolocale di poveri contadini. Tra questi  anche quella di un certo Gennaro Apuzzo ( di anni 75) detto “ ‘o ceceniello” ( pesce bianchetto) perché esile ed albino, che era dato per disperso. Il Sottufficiale non si dava  pace, la sparizione dell’anziano agricoltore era per lui un fatto angosciante. Finalmente il suo impegno fu gratificato, infatti riuscì a localizzarlo sul tetto di una casetta, miracolosamente rimasta in piedi, e sebbene allagata dal mare di fango che la circondava. Lo sventurato al fin di ripararsi dal freddo e dalla pioggia, si era accoccolato dentro un vecchio comignolo mezzo diroccato, sottraendosi così alla vista. Per il Maresciallo Locatelli questo “ avvistamento”, gli diede un gran sollievo e senza perdere tempo, con grave rischio personale ( sottolineato anche dai presenti”, si diresse verso l’Apuzzo, camminando nel fango alto più di un metri. Raggiunto 2 ‘o ceceniello” se lo caricò sulle spalle portandolo in salvo ( la scena ricordava un celebre dipinto del Barocci raffigurante Enea che trasporta il vecchio padre Anchise). Questo risoluto  intervento diede anche lo spunto, a molte persone, per tentare fa fortuna al lotto. I numeri più giocati furono: 63 (l’alluvione), 90 ( la paura), 53 ( il vecchio), 27 ( il Maresciallo dei Carabinieri) e 63 (l’arditezza; quella del Sottufficiale).

Il Maresciallo Locatelli, dopo questa filantropica e valorosa azione, tornò a casa dove tentò di svestirsi. Non ci riuscì: i pantaloni e gli stivali, con il fango e l’acqua, si erano gonfiati stringendosi ai polpacci. Per liberarsene dovette tagliare braghe e calzature e tale “ spettacolo” divertì molto Pasqualino. Questi aveva nove anni ed era l’unico figlio dell’operaio Catello Barba, ferito mortalmente in incidente sul lavoro. Il ragazzino frequentava la caserma, poco distante da casa, siccome il Comandante della stazione ( senza figli) era stato suo padrino di cresima e sua moglie ( insegnante) lo seguiva negli studi. Pasqualino era un grande ammiratore dell’arma, ed il suo sogno era di fare il Carabiniere.

Un pomeriggio - continua Andrea Castellano - Don Bruno Pagano ( il don era solo un appellativo di cordiale rispetto) tuttofare del bar in piazza, telefonò in caserma segnalando che poco prima, davanti al suo esercizio, un’auto aveva investito Pasqualino ed il conducente non si era fermato per soccorrerlo. In ogni modo il ragazzo era stato  portato in Ospedale da un altro automezzo. Il Maresciallo Locatelli, insieme ad alcuni dipendenti, si recò immediatamente sul posto, dove con l’aiuto di testimoni si rese conto che l’autista “ pirata” era un noto pregiudicato. Date le disposizioni per rintracciarlo, si diresse al Nosocomio. Pasqualino si trovava in sala di rianimazione, in stato di sopore profondo e perdita totale della coscienza.

Trascorsi cinque giorni senza alcun miglioramento, i medici chiesero alla Signora Olga ( la madre del ragazzo) se Pasqualino amava in modo particolare qualche brano musicale perché questo, ripetuto in continuazione, poteva aiutarlo ad uscire dal coma. La madre, senza esitazione, rispose: “ Certo! La marcia dei Carabinieri”. Pasqualino l’aveva udita, per la prima volta, durante una festa dell’Arma a Napoli  e da allora spesso chiedeva al Maresciallo Locatelli, che ne possedeva una registrazione, di poterla riascoltare.

L’effetto di questa “ musicaterapia” fu sorprendente: Pasqualino riprese subito tutte le finzioni e di lì a poco guarì completamente. In seguito raccontò che dopo l’investimento davanti a lui c’era solo un  gran buio ma poi, dopo qualche tempo ( cinque giorni), udì una bella musica molto conosciuta e nel contempo si trovò nel mezzo di una grande piazza, tutta illuminata con luce dorata, dove tante persone camminavano come in assenza di gravità. Tra queste riconobbe suo padre che, all’invito di portarlo con lui rispose: “ no! Tu devi fare il Carabiniere.  In quel momento aveva aperto gli occhi vedendo, accanto al letto, il Maresciallo Locatelli, mentre un registratore portatole diffondeva le note della marcia d’ordinanza dell’Arma.

Questo racconto ( ogni riferimento a persone o fatti é occasionale) vuole essere una manifestazione di gratitudine ai Comandanti di Stazioni spesso eroi sconosciuti, che vivono con e per i cittadini dei quali dividono gioie e dolori e la loro storia personale  più volte si confonde con quella di tutti, specie dei più deboli. Lo testimonia in maniera molto efficace il Vice Brigadiere Salvo D’Acquisto che un giorno, da “ occasionale” Comandante di Stazione, seppe onorare, ed a quale costo! Il suo ruolo.