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REMEMBER

11 settembre 2002

 E’ trascorso un anno da quell’11 settembre. Pensandoci bene, mi sembra proprio ieri. Si, proprio ieri, quando abbiamo assistito  attraverso i continui notiziari alla tragedia e al collasso delle Torri Gemelle. Ero in giardino ad innaffiare le aiuole, quando mia figlia Tiziana, via telefono mi  informava del proditorio attacco al cuore di New York.

Mentre ero in piedi di fronte alla televisione quasi scioccato, mentre le  immagini passavano  una dietro l’altra, ho provato la sensazione che si prova in una imboscata con i malfattori oppure con i terroristi delle Brigate rosse.  Mi dava l’impressione di trovarmi sotto i bombardamenti, mentre gli aerei sorvolavano i paesi o le città del Sud d’Italia , per preparare lo sbarco degli alleati e quando ogni poro della pelle senti la pallottola o  le bombe che cadano dal cielo,  e tendi le orecchie e gridi a chi ti sta accanto: “Dawn! Get dawn! Giù! Buttati giù”. Quelli non erano i ricordi della guerra, dei bombardamenti e neppure quelle delle imboscate con i delinquenti o con i ricercati. Vedevo sullo schermo una Torre del World Trade Ceter che dagli ottantesimi piani in su bruciava come un gigantesco fiammifero e subito dopo l’altro aereo, che dopo di aver fatto un mezzo giro a sinistra, é entrato nella cuore della seconda Torre,  come se fosse un  grissino in un panetto di burro.

Le due Torri, invece, non sono crollate per questo, come spiegava il commentatore  e qualche giorno dopo lo confermava anche Oriana Fallaci, in un suo lungo articolo che poi é diventato un  best-seller. In quell’articolo la Fallaci, così scriveva: “ per non sottolineare l’intensità di questa apocalisse, per non incoraggiare altre apocalisse. E poi le due voragini che hanno assorbito le migliaia di creature sono troppo profonde, troppo tappate da detriti. Al massimo gli operai dissotterrano pezzettini di membra sparse. Un naso, un dito là. Oppure una specie di melma che sembra caffè macinato e che invece é materia organica. Il residuo dei corpi che in un lampo si disintegrano, si inceneriscono. Il sindaco Giuliani ha mandato diecimila sacchi per metterci i cadaveri. Ma sono rimasti inutilizzati.

Oggi, tutta quella massa di detriti, di acciaio fuso, di migliaia di corpi disintegrati e inceneriti, quella melma che sembrava caffè macinato, non c’è più. Dove sorgevano le due Torri Gemelle, é rimasto un grande spiazzale che é stata chiamato “ Ground Zero” e che significa piano zero.

Ieri, 11 settembre, é stata una giornata di lacrime e preghiera e trepidazioni negli Stati Uniti e nel mondo per il primo anniversario delle stragi compiute dai kamikaze di Al Qaeda. Il presidente Bush, che nella notte ha parlato alla nazione, ha visitato i tre luoghi della tragedia dell’11  settembre 2001: il Pentagono, Grand Zero a New York ( dove davanti a decine di migliaia di persone in silenzio sono stati letti a voce alta i nomi delle 2801 vittime delle Torri gemelle) Shanksvile in Pensylvania. “ Vinceremo la guerra cominciata a Ground Zero, le vittime non sono morte invano. Prenderemo gli assassini a uno a uno”, ha detto Bush. Nel mondo é stata una giornata di tensione, con misure di sicurezza strettissime. Negli Usa voli semivuoti. Due aerei sono stati costretti ad atterrare. Dall’Italia allarme dell’Antiterrorismo: rischio di attentati se dovesse scattare un attacco militare all’Iraq. Per fortuna, non é successo tutto questo ed ogni cosa é rientrato nella normalità.

 Molte città del nostro Paese, si sono fermate per ricordare la strage, che ha colpito al cuore l’America. A New York, il presidente Berlusconi, ha così  commentato le celebrazioni: “ Siamo qui per ricordare quel giorno che ha segnato  così dolorosamente la nostra storia. Abbiamo però la certezza che la vittoria non sarà di quelli che amano la morte ma di quelli che, come noi, amano la vita”.

Il nostro presidente Ciampi a Roma ha sottolineato l’impegno a difendere la civiltà. Il Papa ha chiesto perdono a Dio per gli attentatori e ha pregato per le vittime alla fine dell’udienza generale. Mentre Milano abbraccia New York. Un silenzio per non dimenticare.

 Ore 14,46: Milano abbraccia New York. Nell’ora esatta in cui, un anno fa, ebbe inizio l’attacco terroristico, ieri tutta la città ha ricordato i morti delle Torri Gemelle. Sulle note del “ Silenzio” suonate da un trombettiere della Fanfara dell’Arma dei Carabinieri,  é stata issata davanti al Pirellone la bandiera americana, accanto a quella della Ue, dell’Italia e della Lombardia. Nello stesso  momento, il drappo a stelle a strisce ha preso a sventolare a mezz’asta anche sul pennone centrale di palazzo Marino. Il presidente della Regione Roberto Formigoni, ha parlato di “ una data entrata nella storia delle nazioni e nella storia degli uomini” e della “volontà di continuare a stringere in un abbraccio gli innocenti che quel giorno persero la vita”.

Vedendo tutto questo, il nostro pensiero era rivolto alla società sempre più violenta, alle contestazioni, alle lotte ideologiche, ai genocidi come quello di Manhattan. Pensavo anche alla fanciullezza e alla nostra epoca. In quel tempo il nemico era sempre all’esterno, all’interno c’erano l’amico, il fratello, il compagno. Però, da oltre cinquant’anni, qui da noi in Occidente, non ci sono state più guerre. Si, é vero, abbiamo vissuto un lungo , lunghissimo periodo di pace, ma oggi quella pace é stata distrutta, é stata annullata. L’America é stata colpita dalla più sanguinosa tragedia della sua storia che da oggi al mondo una lezione di grande dignità e di grande democrazia. Il giornalista Ennio Carretto, così scriveva di quell’11 settembre 2001: “ La nazione c’è : nell’eroico sacrificio dei suoi pompieri, nella generosità dei suoi volontari, nella straordinaria gara di solidarietà della sua popolazione, nella composta sofferenza dei newyorchesi, in quei tassisti, a volte cinici e indifferenti, trasformati in tanti premurosi barellieri”.

Quell’11 settembre di un anno fa, la superpotenza ha visto crollare, insieme al Word Trade Center e al Pentagono, il mito della propria granitica sicurezza, ma il leggendario spirito americano si é subito rigenerato, quasi avesse trovato alimento nella polvere di Manhattan. L’America si é fermata, ha chiuso Wall Stret, lo spazio aereo e le frontiere, i monumenti e persino Disney - land ma si é mobilitata come in una emergenza bellica, dispiegato le portaerei nella rada di New York, mandando la Guardia nazionale nelle strade di Washington.

In questo primo anniversario, sembra che tutto stia per ritornare alla normalità, leccandosi le ferite profonde. Quel lontano 11 settembre 2001, gli Stati Uniti hanno vissuto la seconda Pearl Harbor: e ancora una volta l’attacco é arrivato dal cielo. Ma le bombe sono scoppiate tra le mura di casa, sui grattacieli di New York e di Washington, il Pentagono era in fiamme.

L’America era ed é ancora oggi in stato di guerra, e se una volta si diceva che non esistono isole felici, come quella dell’acrocoro del Gavia, dove domenica 8 corrente, abbiamo cercato di scalare, in quell’isola felice e solitaria fatta di granito, di cielo , di orizzonti profondi e di queruli ruscelli, dove si sentono soltanto il cinguettio delle taccole, possiamo aggiungere, che un giorno, se continuiamo di questo passo, neanche su queste meravigliose montagne appenniniche saranno sicure, come é risultato per la grande metropoli di New York.

BUONGIORNO AMERICA.

Piccoli frammenti di una grande libertà. Il giornalista Enzo Biagi, sulle pagine del Corriere della Sera, così incomincia il suo articolo  dei ricordi dell’11 Settembre di un anno dopo: “ Ogni città del mondo può essere anche rappresentata da un simbolo o da un nome: una lupa, una caravella, un fiore. New York la chiamavano “ la grande mela”. Già nella Bibbia era il frutto proibito. Ora é anche il ricordo di un altro peccato: quello dell’orgoglio e della violenza.

Adesso gli americani hanno due date da ricordare: il 1492, la scoperta della loro terra, e, e l’11 settembre 2001, quando si sono accorti che non esistono isole felici e il terrore é il padrone del mondo.

Il capo dei pompieri della città mi ha fatto da guida a vedere le scavatrici al lavoro dove sorgevano le torri: una immensa voragine, che ha segnato il destino, la fine della storia di 2.823 persone, e nel conto entrano anche i 19 pirati suicidi.

Quando uno pensava a New York era come se nella notte scorressero tante cartoline illustrate: prima, naturalmente, la statua della Libertà, con in mano una fiaccola, poi gli irriverenti disegnatori satirici l’hanno sostituita con una bottiglia di whisky, o con una siringa, a seconda dei mali degli States.

Adesso, quando Liza Minnelli canta “ New York, New York “ uno pensa alla Quinta Strada, ai magazzini Macy’s, a Broadway, e c’è un nuovo nome, un altro itinerario da percorrere; il posto si chiama “ Ground Zero”. E’ una data da segnare nel calendario: 11 novembre 2001.

 C’è un bellissimo dramma di Thormton Wilder: “ Piccola città”.

Ricostruisce tante storie e tante vite. E poi ha raccontato l’avventura di una diligenza che precipitava da un ponte: chi erano i viaggiatori? C’è al Ground Zero una mostra: che brutta parola, una memoria, tante fotografie, anche tipo tessera, che hanno portato i parenti delle vittime.

Ho notato qualche nome: si chiamava Harry Fernandez, faceva il pasticciere, era arrivato dall'Ecuador per cercare fortuna. Non l’ha trovata. E poi due nomi delle mie parti, Mery e Jeames, trentini, dei vecchi italo - americani. Loro erano sull’aereo, chi sa, un anniversario, una vacanza progettata da chi sa quanto, volevano finalmente andare in California, ma si sono fermati per sempre a New York.

Ha scritto John Steinbeck, Nobel per la letteratura: “ Talvolta abbiamo sbagliato, imbroccato il sentiero errato, abbiamo fatto una pausa per rinnovarci, riempirci il ventre e leccarci le ferite; ma non siamo mai scivolati all’indietro, mai”.

Buon giorno, America. E ancora grazie. Sei venuta due volte a darci una mano: dopo il 1915, a mio padre, dopo il 1940 a me. Siamo liberi anche di scrivere Amerika: con quella kappa dispregiativa. La gratitudine, e la memoria, per qualcuno sono pesi insopportabili. Grazie”.

IL PAESE NON SEGUE

IL VOLO DEI FALCHI

Leggendo i giornali, altre alla testimonianza saggia e equilibrata di Enzo Biagi, riportiamo qui di seguito un altro brano del giornalista Ennio Carretto, che così scrive: “ Un anno dopo, la voragine di Groud Zero é sgombra, New York riposa, l’America e gli americani non sono più gli stessi. La catastrofe li ha in parte cambiati. Li ha resi migliori, verrebbe da dire, rispetto agli sfrenati anni Ottanta e Novanta: più introspettivi e uniti, meno scettici e aggressivi. Lo dimostrano il tono sommesso delle commemorazioni, la coscienza di essere vulnerabili, il coraggio di fronte al pericolo di altri attentati. In Europa é polemica sull’unilateralismo e l’arroganza della Superpotenza nell’età del terrore e sulla sua impazienza verso gli alleati. Ma conviene distinguere tra la maggioranza degli americani e l’amministrazione Bush con i suoi falchi”.

Il Paese reale continua a reagire alla tragedia della storia con coerenza e tolleranza straordinarie, dando una lezione di umanità e civismo a chi ne temeva gli accessi.

Dopo l’attacco di Al Caeda, l’America non si é abbandonata a guerre di religioni o a pogrom razziali, né s’è chiusa a fortezza cacciando gli immigrati . Al contrario, si é battuta in difesa dei diritti di minoranze sospette, rifiutando di sacrificarli alla sicurezza. Ha riscoperto i valori tradizionali, famiglia e comunità, ha assunto a modello gli umili eroi delle Torri Gemelle, pompieri e poliziotti. Ha trovato nella sventura un fattore di consenso e trasparenza sociale. Come ad ogni grande prova nel secolo XX, dai due conflitti mondiali alla guerra fredda e allo scontro fra le ideologie, ha confermato quanto sia vitale la sua democrazia.

L’11 settembre del 2001, pochi credettero in una reazione così umana e solidale. Forse l’hanno favorita scosse successive come la crisi economica, aggravata dall’attacco terroristico, e come gli scandali a Woll Street, prodotti da una latente corruzione. Nell’anniversario delle stragi, il Paese rivela un profondo senso di misura: i media non sfruttano la ricorrenza per la pubblicità, e i newyorchesi chiedono che Ground Zero divenga un memoriale, un tempio ai caduti, non un altro monumento alla finanza, i politici evitano di strumentalizzare la lotta al terrorismo, parlando di Bin Laden quasi nessuno chiede vendetta, ma giustizia.