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GRUPPO ADAMELLO

Giro dei laghi dell’Alta Val Daone.

29 settembre 2002

L’escursione odierna non si discosta molto da quella precedente, dai massicci alpini del Gavia e del Tonale, che sono come l’alto, nevoso tetto della terra bresciana, si dipartono i grandi contrafforti limitanti o chiudenti le tre valli, Camonica, Trompia e Sabbia  e da esse discendono i tre fiumi maggiori: l’Oglio, il Mella, il Chiese, che, dopo aver visto insieme le nevose altitudini si radunano ai confini meridionali della pingue pianura, che dopo di aver bagnato molti paesi e villaggi, subito dopo il gonzaghesco borgo medioevale di Gazzuolo, confluiscono nel grande fiume Po.

Le eccelse rupi, strapiombanti sul Garda da Gargnano a Riva, sono ora vinte dall’ardimento della via che le incide, aprendo nuovo adito a Trento. Presso i ghiacciai dell’Ortles e dell’Adamello passa, salendo a metri  2621 di altezza, la via del Gavia che congiunge lo Stelvio al Tonale. E nelle solitudini sovrane - un giorno paurosamente ignote - stanno i comodi rifugi, ai piedi delle impervie cime, meta delle anime assetate di luce, di silenzio, di dominio. L’animosa sezione di Brescia del Club Alpino Italiano ne eresse dodici e consacrò quello della Lobbia Alta ai caduti della Grande Guerra sull’Adamello.

  La vita dei Camuni raccontata dalle rocce.

Prima di raggiungere queste alte e armoniose cime dell’Adamello,  vogliamo citare la Val Camonica che si apre oltre la sponda settentrionale del Lago d’Iseo, addentrandosi tra le montagne alpine per un’ottantina di chilometri. Vi é un angolo, in questa valle, in cui si respira un’aria di mistero e di suggestione sacrale, é un angolo che conosciamo molto bene, per esserci più volte stati, e poi lo abbiamo percorso nell'escursione nella valle del Gavia: é il Parco Nazionale incisioni Rupestri, un’area di oltre trenta ettari, cui si accede da Capo di Ponte, dove si trovano numerose rocce levigate dai ghiacciai con migliaia di incisioni dei Camuni, il popolo vissuto nella valle 25 secoli prima di cristo. Circa un centinaio di queste rocce sono visibili in località Naquane. Ove é la “grande roccia” omonima, con circa 880 figure, per lo più incise nella tarda età del bronzo e in quella del ferro. Nella loro varietà di soggetti tratti dalla vita quotidiana - la caccia, l’aratura, la semina, il pascolo, le cerimonie funebri, la preghiera, l’amore - queste incisioni rupestri sono una delle più preziose testimonianze della civiltà alpina.

Nell’escursione precedente, che ci ha visti stanchi ma felici di aver percorso l’anfiteatro e le pendici aspre e selvagge del Gavia, solcato da una miriade di piccoli ruscelli che alimentano e formano dopo Ponte di Legno, il fiume Oglio. Nelle brevi pause del nostro cammino ci siamo accorti che  quel chiassoso torrente ci viene incontro con la fantasia e la poesia ogni volta che la stanchezza cerca di impossessarsi della nostra anima.  Ma ci siamo spesso domandati: cosa sarebbe il mondo senza questi incredibili doni di Dio? Cammineremmo in un deserto infinito, senza emozioni, ne visioni irreali, come ha detto Ludwig Borne:

“ La vita sarebbe una eterna tristezza, se

Non ci fosse la poesia. Essa ci dà un’età

Dell’oro che non invecchia, una primavera

Che non fiorisce, una felicità senza

Nubi, una eterna giovinezza”.

Dopo questa breve premessa quasi storica, veniamo alla nostra escursione odierna fra queste cime meravigliose, per  dissetarci di questa luce e per ritrovare soprattutto noi stessi fra questa natura selvaggia e meravigliosa che fa parte del Parco naturale dell’Adamello - Brenta.

ADAMELLO -  BRENTA.

“ Il Parco naturale Adamello - Brenta é la più vasta area protetta del Trentino. Con i suoi 618 chilometri quadrati comprende ad occidente la posizione trentina del massiccio dell’Adamello e della Presanella e ad oriente l’intero Gruppo delle Dolomiti di Brenta. Il territorio del parco é caratterizzato da una varietà di paesaggi notevolissima, all’interno dei quali si possono annoverare presenza naturalistica di eccezionale valore.

Il Gruppo Adamello . Presanella  é ricchissimo di acque fluenti, alimentate  da ghiacciai, che formano suggestive cascate e numerosi laghi alpini di origine glaciale. Le sue cime, che formano da corona alla Val Genova e alla Val di Fumo, due valli glaciali che costituiscono un autentico gioiello naturalistico. Il Gruppo di Brenta con il suo forte impatto scenico e cromatico che viene esaltato nelle ore del tramonto, contrasta con la storica maestosità dei ghiacciai e delle vette del vicino Adamello. Qui é una successione di cime, guglie, torrioni, dalle forme più fantasiose, incredibili architetture natural teatro di memorabili imprese consegnate alla storia dell’alpinismo, ma attraversato anche da una rete di sentieri escursionistici e alpinistici che consentono di avvicinare questo ambiente appoggiandosi anche ai numerosi rifugi. In questo settore la valle più conosciuta é certamente la Valle di Tovel, che si sviluppa per 16 chilometri e dove si incontra l’omonimo lago conosciuto a livello internazionale. Tra i 600 metri dei fondovalle ed i 3500 metri delle cime più elevate, il territorio del Parco Adamello - Brenta riunisce una straordinaria varietà di ambienti naturali. Così alle quote inferiori nei boschi abbondano le latifoglie, mentre via via che si sale in quota sono le foreste di conifere ( in particolare di abete rosso) a dominare il paesaggio, intervallate da pascoli e alpeggi con le tipiche malghe.

Sopra le ultime macchie di bosco, la vegetazione arbustiva e mugo, ontano e rododendro, lascia il posto alle praterie alpine. L’insieme dei diversi piani vegetazionali riunisce una grande varietà di specie vegetali. La popolazione faunistica all’interno del parco comprende tutte le specie tipiche dell’arco alpino: camoscio, cervo, capriolo, stambecco, volpe, diversi rapaci e tetraonidi. Fra tutte la presenza più significativa é data però dagli ultimi esemplari di Orso bruno delle Alpi nella zona più settentrionale del Gruppo di brenta e oggetto di particolari azioni di tutela da parte del Parco. Le peculiarità dei vari ambienti tutelati si possono approfondire nei Centri Visitatori creati dall’Ente Parco: il primo Centro sorge sulle rive del Lago Tovel ed é dedicato alla fauna alpina e alla storia del famoso “ Lago rosso” soggetto fino ai primi anni ’60 ad un fenomeno di arrossamento naturale prodotto da alghe unicellulari presenti nelle sue acque. Nel corso dell’estate 2000 , è stato aperto un nuovo Centro Visitatori a Daone, all’imbocco della omonima valle nel settore sud occidentale del Parco, ospitato nella sede del Municipio e dedicato alla fauna del Parco. Alla periferia di Stenico in prossimità delle cascate di Rio Bianco  si può visitare il Giardino botanico del Parco, autentica “ vetrina” della flora e della vegetazione in questa area protetta.

Due sono infine le aree faunistiche del Parco entrambe dedicate all’Orso bruno: sono quella di San Romedio in Valle di Non e quella di Spormaggiore in località Albarè - Pian della Fontana. Entrambe ospitano alcuni esemplari di orso bruno nati in cattività. Come apprendiamo  dal sito “ www.parcoadamellobrenta.it "dal quale abbiamo tratto le informazioni relative al Parco - Adamello - Brenta, necessari per illustrare il nostro capitolo escursionistico, che abbiamo effettuato  in Val Daone e nella Val di Fumo 

La Val di Fumo 

Per giungere fin quassù, sulla Val di Fumo, abbiamo percorso per tutta la sua interezza la Val  Sabbia, percorrendo il corso naturale del Fiume Chiese che scende dagli alti pianori adamellini. L’Alta valle, dal lago di malga in su prende il nome di Val di Fumo. Assume così un aspetto morfologico diverso rispetto al resto della valle: molto ampia, quasi pianeggiante con grandi distese di rododendri, solcata dalle serpentine del giovane fiume Chiese e dominata dall’imponente mole del Carè Alto che con i suoi 3462 metri, é la terza vetta del gruppo. La parte superiore della valle, verso l’alta testata dopo il rifugio Val di Fumo, presenta una tipica morfologia di “ giovane” valle glaciale a forma di “ U” In tema di fiume é da notare che i fiumi che solcano la provincia mantovana ( Po a parte) discendono dall’Adamello; infatti oltre al Chiese, l’Oglio e il Mincio (Sarca).

Anche da questa zona é passata la storia della Grande Guerra (1915/18), il passo di Campo posto sul confine Trentino - Lombardia ( ex  Austria - Italia), veniva a volte usato come via di fuga dagli abitanti della bassa Val Giudicarie che volevano fuggire dalla situazione bellica a riparare in Italia ( Val Caminica) di cui ne abbiamo parlato più diffusamente , citando  gli storici graffiti e le sue bellezze naturali.

 L’amico Lino di Mauro, guida di turno del CAI, per  l’escursione alla Val di Fumo, durante il viaggio ci ha illustrato il percorso e nell’occasione e si é soffermato sugli avvenimenti bellici della Guerra 15/18. Ci ha , tra l’altro, accennato che nei primi periodi della guerra gli impianti idroelettrici dell’area furono sottoposti ad attentati da parte austriaca. Il 10 giugno del 1915 fu rinvenuta al passo Ignava (itin)  una cassa di esplosivo contenente 19 kg. di gelatina ed una cassettina con comando ad orologeria (probabilmente abbandonata al sopraggiungere di una pattuglia italiana). Poco dopo avvennero i seguenti attentati: 30 - 6 -1915 al pozzo di svaso del lago di Arno ( visibile dal passo di Campo), 22 - 6 -1915 al pozzo piezometrico. Gli attentati ebbero termine quando   il successivo 2 Agosto, nei pressi di Malga Bissina venne arrestato il capo pattuglia, di nome Rient. Ma il fatto più doloroso ebbe luogo nell’estate del 1916, quando l’accampamento di soldati italiani ubicato nella bella conca del lago di Campo, fu oggetto di imboscata notturna da parte austriaca e costò la vita a ben 60 militari italiani. L’abitato di Daone che da il nome alla valle, fu per buona parte distrutto”.

Incominciamo col dire che la Val Daone, é un grande solco di origine glaciale ed é la più  lunga valle dall’Adamello. Essa ha inizio a Pieve di Bono in Val Giudicarie e sale in direzione Nord Ovest fino a metri 1800 al lago di Malga Bassina. In Alta Val Daone dove si trovano alcuni piccoli laghi alpini molto graziosi. La montagna dominante tutta la zona é il Carè Alto che con i suoi 3462 metri, é la terza vetta del gruppo dell’Adamello. Del massiccio delle Alpi Retiche, tra le valli Camonica e di Sole. La cima massima é la Presanella ( 3556).

Alcune valli prendono nome dai fiumi, altri dai santi, altri dai nomi di antiche famiglie, altre ancora dalla fantasia dei loro remoti abitatori e questa che stiamo percorrendo oggi per la prima volta, si chiama Val di Fumo, forse per il vapore acqueo che si eleva dei suoi caratteristici laghetti  di sbarramento che serve  a innalzare il livello del corso d’acqua, per  rallentare la corrente, ma  in questo caso  per formare bacini utili per l produzione di energia elettrica e per ottenere riserve idriche potabile.

A bordo del nostro pullman, abbiamo raggiunto da Val Daone, dove ci siamo fermati  alla diga del lago di Malga Bissina ( 1800) metri di quota. Il grosso della comitiva ha proseguito con il sentiero 240,( come leggiamo sul pieghevole relativo all’escursione odierna), per un breve tratto fino a raggiungere il sentiero 242 che risalendo un gradone roccioso conduce al delizioso lago di Campo metri 2296 di quota, che collega il versante trentino con la bresciana Val Saviore. Da qui, a destra in direzione Nord sul tratto dell’Alta Via dell’Adamello, si sale un brevissimo tratto su facili roccette, facilitate da due corde fisse, poi su un sentiero al lago d’Avolo m.2393 e, poco dopo, al passo d’Avolo 2556, da dove si gode un ottimo panorama. Su sentiero di sfasciumi, in lieve discesa, si arriva al vicino passo Ignaga m.2528, con vista sulla Val Saviore, sul Bernina e con ruderi di casermette. Si scende ancora per sfasciumi, in direzione est, si transita nei pressi del laghetto di Mare m.2232. Poco più in basso si arriva alla Malga Ervina, rifugio del CAI di Cassano d’Adda, con bella vista sulla Val di Fumo e Carè Alto. Proseguendo con il sentiero 242 si ritorna al lago di Malga Bissina”.

Con  una squadra composta di bravi   escursionisti e di quelli poco esperti,  anche per l’età avanzata, capeggiata dal sottoscritto, era composta da Adriana mia moglie, Marisa , Bruno, Francesco, Odino Marmiroli. Abbiamo percorso il  sentiero contrassegnato con il nr.240, in parte pianeggiante  che costeggi per un tratto la  grande diga della Malga Bissina, da dove si raggiunge la  meravigliosa Val di Fumo. . Da qui il sentiero n.240 costeggia prima il bacino artificiale, quindi si inoltra nella Val di Fumo fino al rifugio. In questa località, il gruppetto si é fermato per il pranzo ed il meritato riposo. Non é stata una escursione  particolarmente faticosa, ma abbastanza lunga, che ci ha consentito di ammirare la montagna, che é una delle anime più autentiche del Trentino e il rapporto quotidiano con essa ha segnato per secoli la storia della gente nelle valli alpine.

Aspetti botanici della zona del Rifugio Val di Fumo.

“ I due versanti della vallata, nel tratto che interessa il rifugio, presentano estesi cespugli  subalpini caratterizzati da ontano vede (Alnus viridis) e rododendro ( Rhododendron ferrugineum) con rade piante di larici ( Larix decidua); il fondovalle, solcato dal Chiese, é occupato da pascoli che vedono la presenza, nelle aree più asciutte, del ginepro nano ( Juniperes communis sub, alpina).

In alto la prateria alpina, interrotta da frequenti lastroni rocciosi di “tonalità”, sfuma gradualmente nella fascia alto - alpina e nivale, quest’ultima apparentemente priva di vegetazione. Il mugo (Pinus mugo), frequente nella bassa Val di Fumo, é legato alle aree meglio drenate, ed in particolare modo ai detriti di antiche frane e morene.

Il cembro. Il pino cembro o cirmolo ( Pinus cembra) é una delle particolarità  botaniche più interessanti della Val di Fumo.

Questa specie, distribuita nell’Asia settentrionale e Carpazi, é presente anche sulle Alpi, dove però evita le catene prealpine Il vasto popolamento della Val di Fumo ( collegato con sporadiche presenze al Lago di Campo e nell’alta al di Leno) costituisce il limite meridionale del cembro nel trentino occidentale. In Val di Fumo il cembro é presente soprattutto sul versante in sinistra idrografica, della zona a valle della diga del Lago di Malga Bissina fino ad oltre il Rifugio Val di Fumo.

Ambienti Umidi.  Durante il nostro percorso, abbiamo osservato che una delle peculiarità della Val di Fumo é data dalle numerose paludi e piccole torbiere. Un paio di piani torbosi particolarmente significativi si trovano circa 200 metri a sud - ovest del rifugio.

Nei tratti più umidi, con acqua più o meno affiorante, abbiamo visto che si trovano: Eriophorum angustifolium ( dai caratteristici pennacchi bianchi simili a cotone) e la carice Carex rostrata.  I tratti torbosi più asciutti sono invece coperti dai cespi di Trichopforum caespitosum che verso la fine dell’estate divengono giallo dorati, per cui é possibile a colpo d’occhio individuare le aree - spesso anche in pendio - dove il suolo rimane intriso d’acqua e si ha formazione di torba.

Le piante di Eriophorum caespitosum  divengono invece color rosso, ed é stupefacente osservare dall’alto la regolarità con cui si dispongono sul fondo delle depressioni più umide ( conche, antichi alvei) lungo il Chiese. In tutte le piccole torbiere abbandonate gli sfagni, parenti stretti dei muschi veri e propri.

I pascolo.  Abbiamo osservato inoltre che le malghe sono ormai chiuse ed i pascoli sono del tutto secchi. Attorno alla malga abbandonata, si trova la tipica vegetazione dai luoghi frequentati da bestiame, con parecchio rabarbaro alpino ( Rumex alpinus), spinacio di monte ( Chenopodium bonus - henricus) e ortica ( Urtica dioica).

Qui, che fino a pochi giorni fa, quando pascolavano ancora le mucche, il pascolo aveva un colore verde vivo, come ci ha spiegato un vecchio pastore che abbiamo incontrato sul nostra sentiero, che ci ha portati al Rifugio Val di Fumo, si tratta del cosiddetto “ campivolo”, ovvero del tratto di pascolo più concimato della costante frequenza del bestiame e quindi più pregiato.

Circa un centinaio di metri a nord - est del rifugio é invece più diffuso l’ontano verde , che esige un’umidità maggiore rispetto al rododendro; insieme con l’ontano si rinviene un certo numero di “ alte erbe” tipiche di questo ambiente. Altre agli aspetti botanici della zona, l’escursionista può godere di un  paesaggio meraviglioso, unico del suo genere.  A questo punto, la Val di Fumo si ristringe  e si presenta davanti ai nostro occhi  uno scenario stupendo: un anfiteatro di alte montagne coperte di  neve fresca.  In questa giornata meravigliosa, con un cielo azzurro e senza nuvole, illuminata da un tiepido sole autunnale, mentre l’aria é frizzante che ti sferza il viso, ti da la sensazione di vivere in un altro mondo: un mondo  fatto di pace , di serenità e di poesia.

Il Rifugio Val di Fumo.

Il gestore del rifugio, signor Giovanni,  ci ha dato il  benvenuto al Rifugio Val di Fumo, che é sito nel Gruppo dell’Adamello, all’interno dell’aria del Parco Naturale Adamello - Brenta. Da un depliant che faceva bella mostra su di un tavolo del locale, abbiamo appreso la sua storia: “ Già all’inizio del secolo la SAT aveva pensato di costruire un ricovero per gli alpinisti che si addentravano nel Gruppo Adamello.

A quel tempo la sola costruzione disponibile in Val di Fumo era la piccola Casina delle Levade, successivamente resa inutilizzabile dai danneggiamenti subiti dalle valanghe e durante la Prima Guerra Mondiale.

Infatti, curiosando nel locale, in una teca, vicino alla stufa a legna che era accesa, abbiamo ammirato cimeli, pezzi di proiettili d’artiglieria frantumati dallo scoppio, oggetti di uso comune dei soldati e un elmetto austriaco, che era posto sopra la stufa in ghisa a mo' di coperchio.

Abbiamo appreso inoltre, che i lavori per la costruzione del rifugio iniziarono alla fine degli anni Cinquanta, successivamente alla realizzazione della strada ed in occasione dei lavori per la costruzione dei grandi impianti idroelettrici di Malga Boazzo e Malga Bissina. Venne scelta una posizione al cospetto della conca di Malga Val di Fumo dove convergono gli itinerari che scendono dai passi delle Vacche e di San Valentino.

Questi antichissimi transiti erano utilizzati dai pastori per la monticazione delle bestie fin dal 1400 e collegavano la Val Rendena alla Val di Fumo, a sua volta collegata attraverso il Passo di Campo e la Porta di Buciaga alle valli lombarde Adamè e di Saviore.

Questo rifugio, dove noi oggi ci siamo riposati e rifocillati, termina la sua attività proprio questa sera, per termine della stagione. Aprirà la prossima primavera, quando questa stupenda valle  si ricopre di meravigliosi fiori e si ripopolerà di pastori e di gregge. Una scritta sopra la porta, ci ricorda che é stato inaugurato il 4 settembre del 1960.

La storia ci racconta che  topografi austriaci e studiosi di glaciologia furono i primi ad avventurarsi tra queste montagne precedendo gli alpinisti che iniziarono l’esplorazione della zona a partire dalla metà dell’Ottocento. La figura più emblematica é certamente quella del tenente austriaco Julius Payer, che nel 1864 salì l’Adamello insieme a due guide rendenesi e negli anni successivi salì sistematicamente le cime che circondano le grandi distese ghiacciate al confine tra Trentino e Lombardia.

Nel 1865 gli inglesi H.F. Montgomery e S. Taylor salirono il Caré Alto dal versante della Val di Borzago dopo un primo tentativo dalla Val di Fumo attraverso la Vedretta della Lobbia.

 “ Coloro che credono nel potente lavoro di scavo dei ghiacciai vedranno nella Val di Fumo una delle poche valli delle Alpi che risponde al disegno di come dovrebbe essere una valle accuratamente scavata.....”  Così annotava nel suo taccuino l’alpinista - esploratore inglese D. W. Freshfield nel 1875. L’anno precedente con i compagni Tuckett, Carson e la guida F. Devouassoud, Freshfield aveva salito la piramide del Monte Re di Castello, che si eleva sopra il piccolo Lago di Campo, forse preceduto da anonimi cacciatori o topografi.

Inquadramento Geologico del Gruppo Adamello - Presanella.

La geologia che studia   questo gruppo di montagne, ci dice che il massiccio Adamello - Brenta appartiene sia da un  punto di vista geografico che geologico alla Alpi Meridionali ed é denominato a nord e ad est da due importanti lineamenti tettonici ( fratture di grandi proporzioni nelle rocce della crosta terrestre):

La “ Linea insubrica”, che separa le Alpi Meridionali da quelle Settentrionali, e la “ Linea delle Giudicarie Sud”, che separa nettamente l’ambiente magmatico granitico dell’Adamello dall’ambiente sedimentario, calcareo - dolomitico, del Gruppo di Brenta.

Gli eventi che hanno originato la messa in posto delle rocce magmatiche si sono succeduti in diversi momenti del processo di formazione della catena alpina ( conseguente alla collisione fra la placca africana e quella europea) in un  periodo compreso fra i 42 ed i 30 milioni di anni fa.

Il processo magmatico che ha interessato questo massiccio é a carattere intrusivo: la massa fusa proveniente dall’interno della Terra non é fuoriuscita sulla superficie ma é ristagnata all’interno della crosta terrestre.

Il magma, iniettato e “bloccato” all'interno della crosta, ha ceduto lentamente il suo calore alle rocce incassati, creando così una serie di fasce concentriche di rocce metamorfiche (derivate cioè dalla trasformazione per riscaldamento delle rocce preesistenti). Il processo di raffreddamento del magma é avvenuto in modo differenziato, con la conseguente formazione di cristalli di dimensioni maggiori dove esso é stato più lento e di cristalli di dimensioni minori dove é stato più veloce.

Le rocce maggiormente affiorati nella zona sono per lo più riconducibili alle tonalità e alle granodioriti.

Si tratta di rocce granitiche a grana medio - grossa caratterizzate dalla presenza di cristalli chiari di quarzo e plagioclasio; i caratteristici cristalli scuri sono di biotite, mentre quelli tozzi e prismatici sono di orneblenda.

La principale differenziazione fra i vari tipi di roccia consiste nella diversa percentuale dei vari minerali costituenti.

La zona del Rifugio Val di Fumo, é costituito nella parte bassa della valle che é percorsa per tutta la sua lunghezza del Fiume Chiese il quale, lungo il suo  tracciato, forma una serie di ampie curve ( meandri) dove l’acqua rallenta la sua velocità e diminuisce la sua capacità di trasporto depositando molto materiale; il fondovalle, a tratti piuttosto pianeggiante,  come abbiamo potuto constatare nella nostra meravigliosa passeggiata, é formato proprio dai depositi alluvionali accumulati dal fiume nei suoi periodici momenti di piena.

Nella parte bassa della valle il Chiese alimenta un lago artificiale di notevole dimensioni, il Lago di Malga Bissina, che come abbiamo detto sopra, é sbarrato da un’imponente diga lunga oltre 500 metri ed alta più di 80.

La caratteristica più evidente e vistosa di questa valle é data dalle sue forme fortemente legate all’azione dei ghiacciai, come per esempio il profilo trasversale ad “U”, prodotto dall’azione erosiva del ghiacciaio sulle pareti rocciose e sul fondovalle, ma anche i ripidi versanti “ lisciati” dall’azione del ghiacciaio stesso. Questi ultimi si interrompono bruscamente in quella che viene denominata “ spalla” glaciale ( o “coster”) e proseguono secondo una inclinazione molto meno accentuata.

I versanti meno inclinati situati sopra la “ spalla” sarebbero, secondo gli studiosi che ne hanno studiato il caso, i residui di una antica valle che esisteva prima che il ghiacciaio scavasse il solco ad “ U” sottostante.

Apprendiamo inoltre, che sopra il “coster” di sinistra idrografica, sono situati alcuni piccoli ghiacciai di circo ( come per esempio il Ghiacciaio del Cop di Berguzzo) che presentano morene laterali e frontali. Le morene, simili a dossi allungati, sono costituiti dall’insieme dei detriti depositati direttamente dal ghiacciaio.

Queste forme in particolare, sono legate alla più recente espansione dei ghiacciai verificatasi fra la metà del 1500 e la metà del 1800 e denominata Piccola Età Glaciale.

Dalla testata della valle, denominata Conca delle Levade, scende la transfluenza meridionale del Ghiacciaio della Lobbia mentre il soprastante Passo della Val di Fumo segna il limite idrografico fra il bacino Mincio -Sarca ( Val Rendena) ed il bacino Oglio -Chiese”.

Con questa breve passeggiata, abbiamo avuto la possibilità di ammirare “ la dimensione “ verticale” che é presente con forza nel paesaggio del Trentino ed erompe da ogni angolo di visuale: si alza lo sguardo e si incrocia il profilo di una cima. Ovunque montagne da scoprire e da percorrere come occasione per rapportarsi in termini attivi e intelligenti a questo territorio e al suo straordinario ambiente”.

 Dalle pareti strapiombanti, che separano la Val di Fumo, in queste montagne silenziose e chiazzate di verde, si levano sugli sfondi il cristallino fulgore delle nevi eterne. L’Adamello, é il massiccio dominante della valle, che fin dal lago d’Iseo si scorge alto sulle cime quasi come una nube che tutta si accende al tramonto dell’ultima bellezza del giorno, é là colla sua sovrana presenza: immensa massa granitica e insieme visione fantastica, mentre  in fondo la valle é punteggiata da piccoli rifugi costruiti da blocchi di  granito scavati nell’antica montagna. Non sono vere e proprie  case, ma il loro nome é baite. Sono piccole costruzioni di legno e di pietra, tipiche di queste zone , utilizzate soprattutto come ricovero estivo per i pastori.  Qui tra cielo e terra, fra queste montagne alte e superbe, sembra che il tempo si sia fermato al tempo dei primi abitatori: al tempo dei Camuni. Però, dobbiamo dire, che vi é tanta pace e serenità, tanto che noi non ci accorgiamo del tempo che scorre lentamente , mentre  i nostri pensieri vagano e si disperdono nel vento della sera.

“E’ proprio vero, noi trascorriamo la vita sperando in un domani diverso che non verrà mai e ci dimentichiamo della Madre Natura, di questi luoghi, dove la vita tace nei silenzi dell’infinito, trova intatti, dopo novant’anni, parlanti al cuore, i ricordi della Grande Guerra che ebbe su questi baluardi alpini l’altare più alto del sacrificio per la Patria. Queste montagne - già spettatrici dell’impeto garibaldino a Vezza d’Oglio - videro nei loro domini eccelsi imprese da leggenda.

“Noi, continuiamo a radunare denaro e case con il pensiero che un giorno tutte queste ricchezze ci serviranno per vivere meglio: lasciamo passare il tempo con la convinzione che tutto ciò diventi verità. Ma la verità é nel nostro presente, fra questa natura aspra e selvaggia e noi non ci accorgiamo di attimi che da soli valgono un’intera esistenza per  il loro significato.

Anche Destoievski insegna che “ vi sono momenti che, sommati, ammontano a pochi minuti in tutto, in cui l’uomo vive e impara più che in anni interi”.

Con questa nostra escursione siamo giunti, passo dopo passo, come ci insegna la dottrina del CAI, non  in cima alla  vetta, perché non abbiamo più l’energia e la forza di un tempo, ma alle ultime propaggini  della valle dove tanti piccoli ruscelli formano  un torrente, il torrente della vita.

La nostra guida, fin dal mattino, ci aveva detto che lassù avremmo trovato un luogo magico, la polla, dove l’acqua chiara come il vetro dei rigagnoli, zampilla dalla roccia, fresca come l’aria che spira dalla montagna e leggera come un filo di vento.

Quello che abbiamo trovato, non é stata una piccola polla, ma tanti azzurri ruscelli alpini, dove vanno ad abbeverarsi i camosci e le altre creature che vivono lassù sulla montagna benedetta. Quello é il punto dove confluiscono i rigagnoli sotterranei che si formano dallo scioglimento delle nevi eterni dell’Adamello durante l’anno.

Alcuni anni fa, in un’altra escursione, su nella montagna pietrosa che sovrasta la cittadina di Madonna di Campiglio, di ampolle ne abbiamo viste parecchie, dove tutto sembrava misterioso e fantastico. L’acqua era gelida, chiara come il cielo, e si poteva anche bere per la sua purezza. Durante il percorso, più volte ho riempito la borraccia per dissetarmi. Sono ritornato in autunno in quel posto fantastico e le polle, cioè i piccoli laghetti, in mezzo alle rocce mi sono sembrati delle piccole polle, dove l’uomo si dovrebbe specchiare, per ritrovare e riconoscere se stesso.    Ma quelle non sono normali laghetti costruite dalla mano dell’uomo, ma sono tante piccole sorgenti che scaturiscono da quella montagna pietrosa, dove le piante e l’erba sono state cancellate dalla natura. Eppure un tempo mi sembravano grandissime , avevano e hanno sempre un fascino particolare, sprigionavano magia. Questa sensazione l’ho provata anche in quest’ultima escursione: l’immensa misteriosa montagna dove mi sono fermato per ascoltare il vento gelido che ci sferzava il volto, mi sono reso conto che questi laghetti sono il corollario di questa verde e riposante vallata, dove il tempo sembra che si é fermato.

In quell’attimo di pausa e di riflessione, il mio sguardo si é rivolto verso il cielo azzurro, per osservare le nuvole basse e biancastre  che lentamente coprivano i fianchi della grande montagna e piano piano scendevano verso la valle. Di  tanto in tanto sorridevo alla serenità del luogo e delle creature che mi circondavano. Sensazioni  evidentemente da sogno. Concludere questa nostra escursione   di questi luoghi delle fate e della memoria non é semplice, ci vorrebbe la  prosa semplice, chiara di un  narratore che riflette un’osservazione diretta della realtà e la compone in un quadro efficace.

Ormai il grosso torpedone e quasi giunto  nella grande pianura, quasi già sento i rumori che avevo dimenticato nei silenzi della valle fra lo scroscio dell’acqua che fuoriesce dalla grande diga, dalle piccole polle e del torrente che più a valle diventerà fiume:  questo fiume mi ha guidato sino a qui con le sue parole e le sue favole.

Per dirlo con le parole di Romano Battaglia:  “ Quel piccolo torrente adesso é cresciuto, é come un uomo già carico di esperienza. Ha incontrato lungo il suo percorso mille difficoltà: rocce gigantesche, strapiombi, gole strette dove l’acqua ha dovuto combattere, lottare per passare. Ha conosciuto la piena per le grandi piogge, ha visto scorrere sulla sua superficie rami spezzati, foglie e anche qualche corolla di fiori. Ha corso per brevi tratti libero e felice e poi ha dovuto arrestarsi bruscamente per qualche ostacolo. Il fiume é la vita, é una ricerca di strade infinitamente lunghe, é un destino senza fine. E ogni giorno é una conquista di colline fiorite e montagne aspre, orizzonti lontani dove finisce il cielo.

Come l’acqua del fiume, anche noi non possiamo fermarci, dobbiamo trovare la forza di andare avanti con il nostro pesante zaino sulle spalle. Ognuno cammina con le sue forze, con la sua fede, con le sue speranze. Ma a volte la stanchezza fiacca le gambe e l’andare avanti sembra una tortura.

Spesso, vivendo, commettiamo un altro errore: camminiamo troppo in fretta, senza gustare né vedere le piccole grandi cose dell’esistenza. In questo viaggio mi sono accorto che anche il fiume, nei punti in cui le sue acque correvano troppo in fretta, non parlava, non aveva tempo di raccontarmi le sue favole perché doveva pensare al suo veloce cammino. Non bisogna essere ansiosi di arrivare: non sappiamo, e mai sapremo, che cosa ci riserva il destino.

L’On. Giulio Andreotti, un giorno parlando di politica ha detto: “ Noi andiamo avanti felici e sereni, ma non sappiamo che cosa c’è mai dietro l’angolo, e per saperlo bisogna superare l’ostacolo, che secondo alcuni , determina il corso degli eventi”.

Mentre Marco Aurelio ha detto che sono i pensieri a costruire il futuro di ognuno di noi. A volte non é così, anche i grandi pensatori e i filosofi di tutti i tempi hanno sbagliato nei loro consigli per la vita. Romano Battaglia, ha scelto il fiume perché non é un uomo, non appartiene alle creature pensanti, é una forza della natura che nasce da una goccia d’acqua sulle vette delle montagne, percorre il lungo tratto del suo corso e finisce in mare per affrontare l’immensità, per confondersi all’orizzonte con il cielo. Camminare con lui e come andare per mano con il fratello del nostro destino.

Quel piccolo rigagnolo che sgorgava dalle pendici della grande montagna dell’Adamello, mi ha fatto capire cose che fino ad oggi non avevo compreso e non mi ero nemmeno accorto che esistessero. Ho imparato che, per essere sereni, bisogna conoscere i confini delle nostre possibilità, e amarci come siamo.

Per concludere il discorso sui fiumi, diremo che i corsi d’acqua, sin dai tempi remoti, hanno dato all’uomo cibo e lavoro. Le  massaie di ogni latitudine, come anche faceva Teresa mia madre, nel piccolo torrente del borgo aspromontano di Cosoleto,  faceva il bucato e lo sciorinava al sole, grazie ai fiumi sono nate le più belle città del mondo.

L’Eufrate, il Tigre, il Mississippi, il Rio delle Amazzoni, il Nilo. Come il Gange per gli indiani, anche il Nilo era sacro per gli egiziani, anzi un grande Dio e l’eterno Egitto un meraviglioso dono del Nilo. Sulle rive della Senna é nata Parigi. Vienna ha il Danubio, Londra il Tamigi. Roma é attraversata dal Tevere, Torino dal Po, Firenze dall’Arno e Mantova dal Mincio, mentre il piccolo borgo medioevale di Gazzuolo, é attraversato dal fiume Oglio e una parte della bassa Padana, é bagnato dal Chiese, che nasce e scorre serenamente nella Val di Fumo.

Oh ! Piccolo torrente che sei diventato fiume, il tuo ricordo sarà sempre con me:

“Passerà il tempo e del fiume rimarrà solo

Un sogno o una voce che giunge dall'infinito.

Quando non si udranno più le sue

Parole a guidare il nostro cammino, allora

Anche noi diventeremo un sogno, il

Grande sogno del fiume della vita”.

                                           ( Romano Battaglia.)