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WEEK END NELLA VERDE TOSCANA

    Venerdì 25- 26 - 27 ottobre 2002

Ormai é diventata un’abitudine trascorrere in questa terra antica di Toscana, il nostro Week-End autunnale. Per diversi anni  il CAI di Mantova, ha dedicato l’ultima escursione in questa regione bellissima dai percorsi diversi che assimilano l’essenza di un’antica terra, dove si fondono leggenda, storia, religiosità e tradizione. L’ultima volta che siamo stati in Toscana, abbiamo visitato il Parco Nazionale  delle Foreste del Casentino, proprio “ Dove Volano Le Aquile”. Con questo titolo ed in questo contesto letterario, al capitolo nr.22, pagina 281, abbiamo cercato di descrivere quei luoghi stupendi che abbiamo visitato.

Quest’anno, non siamo venuti con il CAI, ma con il parroco di Campitello, Castiglioni Don Enrico, che ha organizzato questa bella  gita culturale - religiosa. Un itinerario per sentirci in sintonia con ciò che ci circonda: la religiosità, l’arte, la buona tavola, l’artigianato, e soprattutto quella fonte inesauribile di sorprese che é il paesaggio toscano.

Non so chi lo ha detto o scritto, che questa terra “ non é più selvaggia come nell’Ottocento, ma il verde e il mare sono autentici”. In più ci sono le antiche abbazie, le chiese, i paesini pittoreschi abbarbicati sui pendii, la tradizione artigiana e i rifugi faunistici. Per non parlare della gastronomia, dei suo eccellenti vini, dei suoi salumi, dell’ottimo formaggio pecorino, degli aromi e profumi che caratterizzano questa bellissima regione d’Italia.

 

Quando siamo transitati da Sasso Marconi, che da poco avevamo lasciato dietro di noi la Valle Padana, era ancora buio pesto e non c’era un filo di nebbia. Man mano che il grosso torpedone si addentrava nel cuore dell’Appennino Tosco - Emiliano, dal finestrino si incominciava ad intravedere  l’orizzonte che cominciava ad albeggiare e subito dopo biancheggiare per il sole che stava per sorgere. Subito dopo, appena attraversiamo il Mugello, il punto più alto dell’Appennino, quella località é stata caratterizzata all’insegna della nebbia, accompagnata da una leggera pioggerella che non lasciava intravedere nulla di buono. Tutti noi escursionisti, osservando quella massa nuvolosa che copriva le montagne circostanti, ci eravamo rattristati. Noi, che conosciamo o crediamo di conoscere le montagne, non abbiamo dato peso a quell’improvviso cambiamento climatico. Si sa, le montagne sono così, un momento sono illuminate dal sole e subito dopo sono coperte da quelle nuvole biancastre, che poi non sono altro che una concentrazione di vapore acque, in forma di goccioline molto piccole, che scendono a livello del suolo, offuscando e, a volte, annullando la trasparenza dell’aria. Sul Mugello, era successo tutto questo.

Superato gli Appennini ed entrati in questa antica terra, la prima cosa che abbiamo notato é stato il colore, che é la cosa più bella e astratta della natura e gli ubertosi colli con i fruttiferi oliveti, vigneti e quelle colline fertili e fecondi. Dovunque ti volti, in questo paesaggio incantato, costituito da colline pianeggianti, dove svettano i verdi cipressi, vedi che tutto é sintonia con la natura, con quella fonte  inesauribile di sorprese che é appunto questo paesaggio fatto di colline e di montagne, che si fonde armoniosamente con la storia medioevale, con la leggenda e con le tradizioni tramandate dall’antichissimo popolo  degli etruschi: un popolo stazionatosi anticamente, prima dell’affermazione di Roma, nell’Italia centrale. Per noi che arriviamo dalla Pianura Padana, e non solo per noi, ogni angolo é un piccolo quadro, una miniatura dai contorni quasi  sfocati, specie al tramonto del sole, dove ogni cosa acquista la sua dimensione, la sua personalità, il suo carattere, la sua natura e il suo modo di essere. Il contrasto tra luce e le ombre della sera, che appaiono al crepuscolo, specie in questo periodo autunnale, e come la luce che cade sopra un dipinto, illumina l’orizzonte: quella linea che costituisce tutt'intorno il limite della nostra vista e dove sembrano fondersi cielo e terra, dandoci una visione da sogno.

Noi non siamo abituati a queste dolcezze, a questi paesaggi mozzafiato, a questi incanti felicemente fusi in un abbraccio solenne dalla madre natura, perché dove viviamo noi, nella grande e meravigliosa Pianura Padana, che é una grande , anzi grandissima estensione di terreno priva di dislivelli considerevoli, dove il paesaggio é piatto e nello stesso tempo ti da quella sensazione dell’infinito, dagli immensi e sconfinati orizzonti, dove cielo e terra si fondono felicemente come il mare, ma in un certo senso anche questo é un grande mare, un mare d’erba, che “ ondeggia a ogni alito di vento”, di manzoniana memoria.

Si sa, la pianura Padana, é stata sempre  caratterizzata dalla nebbia, essa é nella sua natura. Se non ci fosse questa nebbiolina bassa e brumosa, sicuramente non sarebbe la pianura Padana e perderebbe la sua caratteristica. Parlando della nebbia nella Pianura Padana, uno scrittore mantovano ha così scritto: “ Se immergi le mani nelle visceri di una donna, sicuramente ci troverai il DNA della nebbia, che a sua volta la trasmettono ai loro figli”. Ma appena attraversato il Mugello, sembra un altro mondo, camminare senza quella fastidiosa foschia ed ammirare questi paesaggi molto colorati e illuminati dai primi raggi del sole . A pochi chilometri da Siena, abbiamo incontrato la Certosa di Pontignano.

La Certosa di Pontignano.

Se metafisico e lunare è il paesaggio toscano, con le sue molteplice varietà  collinare,  altrettanto sono i suoi monumenti e la sua storia millenaria, che per noi padani a volte sono   incomprensibili, come pure le sue architetture, i suo conventi, i suoi ospedali e le sue cattedrali. Ma non bisogna dimenticare che questa é una terra dove migliaia di pellegrini del nord Europa son transitati, dove questa massa umana si é stabilita  e amalgamata, dove é nato il cristianesimo ed il pellegrinaggio nel Medioevo. Quasi tutti i paesi e le città come Siena, San Gimignano, Monteriggioni e Pontignano, sono figli della Francigena, perché sono nati su quella via chiamata, appunto Francigena o via Romea.

Il nostro primo impatto  é stato con questo paesaggio e con il monumento della Certosa di Pontignano. La storia ci racconta che nel 1341 Bindo di Falcone, signore senese arricchito con i commerci fatti soprattutto con il Papato, acquistava terre e beni nel “ comunello” di Pontignano e li donava ad un certosino di Aquitania, frate Amerigo, per fabbricare un monastero da intitolare a San Pietro. Erano quelli gli anni in cui l’ordine dei Certosini si andava spandendo in Italia e la Toscana era una delle terre prescelte. Sorsero così diversi monasteri: primo fra tutti quello di Maggiano, fatto costruire dal Cardinale Riccardo Petroni, cugino di Bindo di Falcone, nel 1314. Seguirono le costruzioni della Certosa di Belriguardo, grazie al sostegno del banchiere Niccolò Cinughi e quella, appunto, di Pontignano, dove noi ci siamo fermati per visitarla. Nel 1959 il complesso monastico  é di proprietà dell’Università di Siena dove vengono ospitati conferenze e seminari per le ricerche universitari. Notevoli  sono i tre chiostri e chiesa affrescata da pittori di scuola senese. Molto caratteristici sono il giardino, le celle dei certosini e il chiostro maggiore. La nostra sosta in questa stupenda Certosa,  anche se é stata molto breve,  ci ha consentito di ammirare quest’opera d’arte del XVIII secolo, in ogni sua parte. Potremmo dire che essa é ubicata proprio alle porte di Siena. Oltre al complesso monastico con gli ampi rifacimenti e quelli successivi che non hanno alterato quell’armonia che era alla base della vita dei Certosini: l’equilibrio dell’uomo con la fede e la natura. Il Chianti appare qui nei suoi caratteri meno aspri, i colli a noi noti, poiché non é la prima volta che visitiamo questa regione, accompagnano il paesaggio verso la vicina Siena: viti e olivi circondano la Certosa e una campagna curata vi penetra dentro trasformandosi in preziosi giardini.

Non c’è dunque separazione  tra esterno ed interno; tra l’ambiente, e la sua armoniosa struttura architettonica e le opere d’arte che arricchiscono. E’ nelle chiese in particolare che si trovano le testimonianze più rilevanti. La prima, costruita a una sola navata e suddivisa in tre campate coperte con volte  a vela presenta al suo interno una parete in muratura con un’apertura - al suo centro, che aveva il compito di suddividere il suo spazio in due zone di ampiezza diversa: una per i monaci, l’altra - la minore - per i conversi. Qui operò soprattutto un pittore fiorentino, Bernardino Poccetti che aveva lavorato per i Certosini anche a Calci e a Firenze seguendo i canoni rappresentativi della pittura della Controriforma.

Nella nostra escursione all’interno degli ambienti, ovunque abbiamo notato alcune testimonianze della sua arte che si evidenziano nelle pareti con le storie certosine di san Brunone e di San Pietro, nella tela e nelle decorazioni dell’altare maggiore. Apprendiamo che il resto della decorazione fu compiuta da Orazio Porta, Stefano Cassiani e da pittori senesi che denotano chiare derivazioni dallo stile di Francesco Vanni e Alessandro Casolani. Al Poccetti si deve anche l’affresco con “ L’ultima Cena” nel refettorio (1596), e un affresco “ Samaritano al Pozzo” entro una delle cellette dei monaci nonché una lunetta con “ Morte di San Brunone” su una porta in corrispondenza del cimitero.

I Certosini che per molto tempo avevano abitato con cura Pontignano e che di questo luogo ne avevano fatto un oasi di pace e di preghiera lasciarono la certosa definitivamente verso la fine del ‘700. Anche noi, come i Certosini, e per rimanere nel linguaggio militare, dopo di aver effettuato una ricognizione esplorativa dei luoghi della Certosa di Pontignano,  siamo partiti per la città del Palio, dove ci attendevano altri splendidi monumenti, chiese e templi  da esplorare ed ammirare a lungo per conoscere la loro storia , la loro bellezza artistica, ma soprattutto la loro religiosità. In queste famose chiese, sono custodite ciò che rimane di quanto apparteneva a personaggi di grande importanza religiosa o di quanto si riferisce in qualche modo alla loro vita e alla loro  opera e che é oggetto  di culto e di venerazione, come per esempio, alla reliquia di Santa Caterina da Siena e al miracolo delle Particole trafugate.

 SIENA. BASILICA DI SAN FRANCESCO

Prima di raggiungere il centro storico dell’antica città di Siena, ci siamo fermati, come previsto dal programma, nella Basilica di S. Francesco ( chiesa gotica del XIV secolo) dove si conserva e si venera il prezioso Ostensorio che custodisce 223 delle 351 ostie consacrate, rubate il 14 agosto del 1730 e rimaste poi per sempre intatte dopo che i ladri le ebbero abbandonate in fondo ad una cassetta  per le elemosine.

In questa Basilica, siamo stati accolti e guidati dal Padre Cosimo, il quale ha presieduto il “ momento di preghiera eucaristica” davanti al prezioso reliquiario delle particole. Padre Cosimo, parlando del furto delle particole, ci ha fatto  notare che, probabilmente, c’era un legame con il Palio. Infatti, in seguito a tale furto, gli organizzatori sospesero per quell’anno  ogni manifestazione. Il motivo del furto non  é   mai emerso, ma si crede si tratti di un sabotaggio da parte di un fazioso, di un sovversivo o di un fanatico  che era contrario al Palio. Il Palio per i senesi é la vita, la passione, la storia, ma vi sono anche gli intrighi, la lealtà e il tradimento. In questo caso, é stato appunto il tradimento.

 Al termine di questa sosta di  riflessione e di preghiera, per restare in sintonia con la madre  natura, abbiamo compreso che ogni essere umano, oltre che al nutrimento spirituale dell’anima e quello culturale della mente, ha bisogno di alimentarsi sufficientemente il corpo, per rimanere in buona salute. Questo, oltre che un dovere, é una primaria  necessità. Un vecchio proverbio dice, che la nutrizione e la respirazione sono due funzioni vitali dell’uomo. Quindi, la comitiva degli escursionisti campitellesi, come  recita un vecchio detto romanesco: “Prima de imbeversi de fori e de scavi, sarebbe mejo andar a magnare le braciole con le fave”:  cioè, prima di continuare il viaggio religioso e culturale attraverso la meravigliosa Toscana, sarebbe meglio fermarsi  al primo ristorante, per appagare le esigenze dello stomaco. Così é stato, ci siamo seduti al tavolo del ristorante “ Il Gallo Nero”, sito in via del Porrione, n. 65 nel cuore della Siena antica, a pochi passi da Piazza del Campo. Via Porrione é una delle dieci contrade che  formano il Palio di Siena. Il piccolo ristorante è stato ricavato al piano terra da un vetusto edificio del centro storico della città. Appena entrato ti da la sensazione di ritornare indietro nel tempo medioevale. Infatti, il loro slogan é : “ Il medioevo in tavola” ed ha tutte le caratteristiche di un tempo: i muri e la volta sono in mattoni bellavista e rassomiglia molto ad una cantina dove un tempo si facevano stagionare i salami, si custodivano le giare dell’olio e le derrate alimentari, ma soprattutto il Chianti, quel nettare degli dei, che Dionisio, dio del vino, insegnò agli uomini la coltivazione della vite e l’amore per il vino. In questo locale, illuminato  fiocamente da candele poste su caratteristici candelabri di ferro battuto di quel tempo che fu,  abbiamo gustato i piatti tipici della Toscana ed abbiamo brindato con un ottimo bicchiere di quel chianti generoso all’amicizia. Si, è vero, spesso l’amicizia  nasce da questi convivi, tra persone di diverso carattere e provenienza, in questi pellegrinaggi sulle orme di una Santità ,di viaggi escursionistici e culturali.

Questi sentimenti, perché di sentimenti si tratta, emergono visitando Abbazie e  città d’arte, e camminando attraverso boschi e  sentieri delle nostre meravigliose montagne, per conoscere ed amare non solo la natura, ma gli esseri che camminano affianco a noi.

Non é vero che tutto é ormai degradato: ci sono ancora ambienti di montagna, alpini e appenninici, incontaminati. Vasti  spazi da percorrere in libertà. Però la libertà di comportarsi bene non solo con la natura, ma anche e soprattutto con l’umanità. La vera amicizia nasce anche e soprattutto, stando seduti ad un tavolo di un buon ristorante , come sta succedendo oggi  a noi in questo pellegrinaggio, attraverso la vecchia ed amata Toscana.

L’AMICIZIA

Un vecchio proverbio dice che non é mai troppo tardi per scoprire le cose belle della vita come l’amicizia.

Noi abbiamo scoperto tutto questo quasi al tramonto della nostra vita. Non é che prima non conoscessimo il valore intrinseco di questo sentimento che é dentro  nella natura stessa degli uomini, nell’intimità dell’animo umano, ma essendo militari era naturale che i nostri rapporti dovessero mantenersi sempre su di una linea tale da permetterci di conservare ognora quell’indipendenza che é necessaria al tutore dell’ordine e della legge.

Non, quindi, eccessiva dimestichezza o famigliarità, con confidenze che non sarebbero in armonia con quella particolare posizione. Bisognava soprattutto essere assai guardinghi nell’accettare inviti e nell’entrare in rapporti, anche di famiglia, con privati.

L’imparzialità, il sapersi mantenere al di  fuori e al di sopra di ogni cosa, l’umanità, il senso della misura nell’adempimento di ogni dovere, il mantenersi lontani da ogni eccessiva famigliarità, l’essere prudenti  e riservati , costituivano altrettante necessità per la buona riuscita del nostro servizio.

Oggi che abbiamo lasciato il servizio attivo é tutto cambiato, non ci sono più quelle esigenze di carattere militare, con quella particolare posizione e quella indipendenza che era necessaria al tutore dell’ordine e della legge.

Da quando abbiamo scoperto la montagna e le gite culturali, abbiamo scoperto dei canali unici per conoscere individui che hanno la medesima tendenza. Camminando insieme ci si accorge che, indipendentemente dalla professione che ciascuno svolge, si hanno gli stessi sentimenti, si hanno delle comunanze tematiche. Abbiamo compreso che  non c’è differenza tra vecchi, giovani e anziani. Si vive un’atmosfera che consente all’anziano di vivere i  tempi passati ed al giovane di stare con l’anziano e già prefiggersi il suo futuro. Tutto questo affina lo spirito ed abitua i giovani ad avere sempre il culto  della natura. Camminando con queste persone ci siamo accorti, giorno dopo giorno, di aver scoperto la vera amicizia.

L’amicizia é una delle forme spontanee in cui si manifesta la solidarietà tra gli uomini. L’amicizia é il legame di affetto che si stabilisce tra due e più persone, sulla base della comprensione spirituale, della confidenza, della stima reciproca e con l’esclusione dell’utile ( almeno come scopo diretto).

L’amicizia è una delle occasioni in cui più facilmente si percepisce l’esigenza umana di solidarietà, di vicinanza di altri esseri, simili a noi per pensieri e atteggiamenti , il bisogno di affetto, di approvazione, da parte degli altri.

Una delle contraddizioni più stridenti della nostra epoca é data dalla condizione in cui si trova a questo proposito l’uomo moderno: mentre mai come oggi gli uomini sono avvolti da una fitta rete di comunicazioni, di parole, di immagini, di presenze di altri esseri viventi in tutto il mondo  (radio - televisione, giornali, città affollate, stadi ricolmi, rapporti di lavoro e rapporti politici) l’uomo sente come mai prima il peso di una paurosa solitudine. Specialmente, come é successo dopo l’11 Settembre del 2001, il mondo e le grandi città suggeriscono questo senso di vuoto: le presenze sono quelle di estranei, di terroristi, la folla é anonima e spaventata.

Gli uomini assorbiti dalle loro occupazioni, si scambiano rari, convenzionali manifestazioni di rapporti umani; i giovani, costretti nelle ore del mattino all’isolamento da un medioevale sistema scolastico, passano per lo più il pomeriggio nelle loro rispettive abitazioni, spesso soli - i genitori sono al lavoro - cercando contatti umani per telefono e nei mezzi di comunicazione di massa, come l’Internet ( oppure, ma ormai più raramente nel “diario”, dove gli adolescenti, specialmente le ragazze, annotano tutti quei piccoli segreti che non si osano rivelare ai propri genitori, perché appunto, non c’è dialogo.  A volte, svelare, confidare il proprio pensiero, rivelare con fiducia i propri segreti, il proprio animo non é facile per questi ragazzi. Spesso, in questi diari, si riscontrano notizie molto importanti, che mettono sulla buona strada persino gli inquirenti, per svelare  i segreti di una violenza e addirittura di un delitto, come é successo in questi ultimi tempi a Leno, nel bresciano, con l’uccisione  dell’adolescente Desirèe.) Tutto ciò succede perché non c’è più colloquio tra i genitori e i figli, e soprattutto non vengono rispettate certe regole di vita da parte dei giovani.

IL VUOTO IN FAMIGLIA CHE SPINGE AL BRANCO.

La giornalista Vittoria Giannotti, così scrive sulle pagine del “ Il Giornale”: “ Immaginate un trapezista che volteggia nell’aria compiendo manovre così pericolose da mozzare il fiato. In un circo dove non esistono reti di protezione. Bene: il trapezista é l’adolescente. Il circo, la vita. Il paragone, suggerito da una psicologa di grande esperienza come Cristina Pratesi, coglie nel segno il dramma di un’età difficile e i problemi dell’età adulta. In mezzo c’è quel guado chiamato adolescenza. “ Il nostro compito psicoterapeuti - spiega Cristina Pratesi - é quello di aiutare gli adolescenti a crescere come individui. Spesso i giovanissimi si sperimentano, si mettono alla prova anche con azioni pericolose, ma noi psicologi, insieme alle istituzioni, dobbiamo permettere loro di compiere quelle ardite sperimentazioni senza farsi troppo male”. Un obiettivo ambizioso, quello degli psicoterapeuti dell’adolescenza, riuniti in un convegno a Firenze. Perché quel “male”, a conti fatti, appare difficilmente evitabile. Soprattutto alla luce degli efferati delitti che, negli ultimi tempi, hanno visto come protagonisti proprio insospettabili adolescenti. E anche se “ i reati minorili, sono in diminuzione - come spiega Gustavo Pietropolli Charmet, presidente dell’istituto Minotauro di Milano e autore della perizia sul caso di “ Erika e Omer - ne sono aumentati la gravità e l’efferatezza. Non esiste quasi più il delinquente di periferia, cresciuto nella povertà e nel disagio, ora ci sono due nuovi soggetti: il gruppo e la coppia, com’è  avvenuto per l’assassinio di Desirèe e a Novi Ligure”. Le ragioni sono da ricercare in un contesto sociale e familiare radicalmente mutati.  Nel contesto attuale , abbiamo potuto osservare  molto da vicino, nel comportamento  del piccolo Morris, che noi si credeva si trattasse di un caso anomalo , ma ci siamo dovuti convincere che la fame di relazione dei ragazzi coi coetanei é più forte rispetto al passato. Gli adolescenti sono abituati a stare più con gli altri bambini che con i genitori, che spesso per motivi di lavoro tendono a trascurarli. Il sostegno degli adulti viene così a mancare. Si creano così le condizioni per una dipendenza del ragazzo dalla coppia o dal gruppo. Ed é proprio in questi due ambiti che vengono gestiti il rischio e la trasgressione. Noi, che per moltissimi anni abbiamo svolto l’attività, in un senso lato di educatori, ma soprattutto di esecutori della Legge, abbiamo compreso che in questi ultimi tempi, i reati sono diventati più efferati perché, proprio per il fatto di commetterli con altre persone, viene a mancare l’identificazione con la vittima, la violenza viene vissuta con un certo distacco e l’atto diventa quasi divertente, come afferma Pietropolli. A questo si aggiungono motivazioni squisitamente psicologiche. “ Nell’adolescenza - osserva uno degli organizzatori del convegno, Emilio Masina, della cooperativa “Rifornimento in volo” - il gruppo dei pari si sostituisce alla famiglia. Questo accade in un’età in cui c’è un enorme afflusso di energie alla mente, che non é abituata a gestire le fantasie e gli impulsi. Prendiamo per esempio il caso di Desirèe. L’adolescente che viene respinto da una ragazza non é capace di riflettere sul perché questo accada, ma si sente offeso e, se non trova il sostegno, l’aiuto degli adulti, reagisce con violenza”. Ma se questi rappresentano, per fortuna, casi limite, il panorama della normalità non é certo incoraggiante. Patologie come anoressia e bulimia sono un fenomeno in preoccupante espansione. Anche se, negli ultimi anni, il numero di ragazzi e ragazze che si sono rivolti a uno specialista della mente é praticamente raddoppiato. La soluzione? Come spiegano gli psicologhe fiorentine Cristina Pratesi e Laura Mori, della segreteria organizzativa del convegno di Firenze, sono convinti che bisogna imparare ad ascoltare gli adolescenti, senza esprimere giudizi e soprattutto senza prenderli in giro”

I giovani oggi fanno tanta fatica ad imparare perché non riescono a prendere a modello ideale né i propri genitori, né i propri insegnanti. Arrivati a dieci, undici anni, entrano nell’internazionale giovanile. Un mondo di giovani, con propri costumi, un proprio abbigliamento, propri valori, rituali, capi carismatici, eroi. Essi ammirano esclusivamente i personaggi del mondo dello spettacolo, soprattutto i cantanti. E ciò che dicono Jovanotti, le Spice Girls o Maria De Filippi é, per loro, infinitamente più importante e degno di ammirazione del pensiero di Kant, Shakespeare, Freud e di tutti gli scienziati, scrittori e registi moderni messi insieme.

Ogni popolo si autoeduca scegliendo i propri oggetti di ammirazione. Dove sono importanti gli artisti, fiorirà l’arte. Sono importanti il gusto, la comodità e lo svago.

Si, é vero, lo svago, lo svago del sabato sera é percorso da queste correnti collettive. Si rinuncia alla propria individualità per fondersi  nella massa. E’ la prima tappa del processo di spersonalizzazione che si completerà entrando in discoteca. Allora i corpi si schiacciano l’uno contro l’altro, la musica altissima annulla le parole e il pensiero, mentre il ritmo ossessionante li trascina in uno stato di trance. E’ la stessa sequenza dei rituali iniziatici antichi. Una lunga preparazione, un’attesa spasmodica, poi l’ammissione nella collettività danzante, la frenesia, lo spossamento di sé. Poi viene il mattino, le ore antelucane che precedono la luce del giorno, l’ora di fare rientro alla propria abitazione. Questi nostri ragazzi, storditi dall'alcol, dalla droga, del sesso e  dalla musica, quando sono al volante della propria autovettura vogliono imitare i grandi  campioni dell’automobilismo, facendo le pazze corse e poi si verifica l’assordante botto, l’incidente stradale con le note conseguenze.

Il sociologo F. Alberoni, così si esprime: “Ma perché tanta gente, soprattutto i giovani in questo nostro secolo, sente il bisogno di questa esperienza di trance collettiva? Probabilmente perché trova faticoso essere un individuo. Essere un individuo vuol dire pensare con la propria testa, andare contro corrente, saper scegliere, resistere alla fatica, alla paura, al rischio, aver senso di responsabilità, autodisciplina. Richiede di essere vigile, forti, competitivi.

Per molti tutto questo é faticoso, difficile. Perciò trovano sollievo quando possono tornare ad essere una molecola inconsapevole della massa. Abbandonati al suo flusso, puro impulso erotico, sfrenatezza danzante, come nei riti di possessione, come le baccanti di Dioniso”.

E’ così, come qualcuno ha scritto, i giovani passano via in una monotonia che avvizzisce sentimenti, illusioni, speranze.

Igino Vergani nel suo libro “Quali società? Quali cittadini ha scritto: “L’amicizia può essere un rimedio potente di tale situazione: ed é uno dei fenomeni altrettanto notevoli della nostra epoca che i giovani l’abbiano riscoperta in un modo addirittura clamoroso, nella sua pubblica ostentazione, nella sua estensione non preclusiva di nessuno, che va oltre la classica versione dell’amicizia “ a due”, senza ( o sulla via di alimentazione) limiti di classi sociali, differenze di sesso, presentandosi appunto come senso di solidarietà di fronte alle  vicende quotidiane, come scambievole appoggio di fronte alle difficoltà rispettive comuni, assumendo vere e proprie forme comunitarie ( come nella comunità degli hyppies).

L’amicizia comporta certamente dei problemi: come si dice nel famoso passo del “ Fedone” platonico, é necessario, per ciò che riguarda i ragionamenti e gli uomini, non avere mai fiducia assoluta nella loro infallibilità.

Così l’amicizia va incontro a delusioni, limitazioni, imperfezioni, ambiguità, falsità, oscillazioni, evoluzioni, tramonti, ma sono questi, caratteri inerenti a tutta la condizione umana e, come tali, semplici inviti alla meditata scelta delle amicizie più strette, come motivo di rifiuto dell’amicizia in sé”.

Lo so, e di questo me ne rendo conto di essermi spinto oltre, ma non volevo essere prolisso nel parlare dell’amicizia, di quest’argomento molto interessante per vivere più sereni con gli altri. Degno di essere ricordato é l’elogio dell’amicizia fatta da un filosofo contemporaneo, Nicola Abbagnano. Abbagnano dopo di aver ricordato che “ Kant privilegiava l’amicizia morale, intesa come la fiducia assoluta che due persone si mostrano confidandosi i pensieri e i sentimenti più segreti; perché in essa vedeva realizzata l’uscita della prigione delle proprie idee in cui ogni uomo vive solitariamente chiuso, e la libertà di esprimerle senza il timore di indiscrezione o di danno”, dice: “ In tutti i suoi gradi e forme, l’amicizia é una condizione indispensabile dell’equilibrio e della felicità della vita individuale. Un’amicizia per cui l’altro é come noi stessi o di più di noi stessi, é certamente difficile a realizzarsi e si realizza  (quando accade) una volta sola nella vita. Come é successo e sta succedendo a noi in questi ultimi anni della nostra vita.

IL CENTRO STORICO DI SIENA.

Dopo questa pausa di riflessione, abbiamo raggiunto  il cuore della città di Siena. Buona parte degli italiani, conoscono questa città soltanto per il suo Palio: che deriva da drappo che, nel Medioevo, si dava come premio al vincitore di gare, specialmente equestri: il Palio di Siena, é la celebre gara che ancora oggi  si disputa due volte l’anno in piazza del Campo, tra cavalli al galoppo, ognuno dei quali rappresenta una delle storiche contrade della città. Le contrade: ( sono ciascuno dei quartieri in cui era suddivisa la città medioevale), questa suddivisine dei quartieri, é ancora viva a Siena e in altre città del nostro Paese . Spesso , con il Palio,  ci dimentichiamo della sua storia, dell’arte e della  sua religiosità, che  é scaturita nel Medioevo, con il pellegrinaggio  dei fedeli provenienti dal nord e dall’ovest dell’Europa, per devozione, verso i luoghi santi: Roma e Gerusalemme.

Il Palio, vuol dire colori, folla, grida festose, una piazza coperta di tufo, dieci cavalli montati a pelo da altrettanti fantini per una corsa che dura pochi secondi. Questo é il Palio per coloro che lo vedono per la prima volta. Per i senesi é la vita, la passione, la storia. E’ il miracolo di un gioco che diventa vita vera, dove c’è posto per la gioia e per il dolore, per io coraggio e gli intrighi, per la lealtà e il tradimento. Un’eredità medioevale che, il 2 luglio (Palio della Madonna di Provenzano) e il 16 agosto (Palio della Assunta), sconvolge la vita di Siena ed ogni volta diventa catarsi cittadina.

In  una terra, la Toscana, di Guelfi e Ghibellini, dove si vive di differenze, il Palio é la sublimazione, l’essenza, del sentire toscano, la nobilitazione dell’essere diverso dall’altro, sia esso campanile o contrada. A Siena, città da sempre aperta al mondo, alla cultura il tempo scorre scandito dal Palio.

Il Palio e i fantini. I fantini, che hanno fama di essere corruttibili e traditori, viene assegnato un angelo custode, una specie  di custodia cautelare contro i tentativi di corruzioni della altre contrade. Sono giorni in cui regole e divieti scompaiono. Intanto iniziano le prove e le giornate di passione continuano fra canti e suoni e sbandierate e tavolate che seguono le curve delle strade e le cene diventano rituali propiziatorie.

Il “ Gallo Nero”, fa parte di una di queste contrade dove  le cene diventano rituali propiziatori. In grande linee, questo é il Palio di Siena.

Molti dei nostri amici escursionisti, non sanno che questa bellissima e storica città, é figlia della Francigena, perché é nata e si é estesa con questa strada. La via Francigena, fu una strada di origine medioevale, elevata rapidamente ad una grandissima importanza nonostante, già verso lo scadere del Medioevo, si fosse di molto attenuata almeno in alcuni tratti. Oggi il suo percorso toscano é più o meno fedelmente ricalcato da strade di varia categoria, dalle statali alle campestri, e in certe parti il tracciato é solo ipotizzabile.

Il rapporto di Siena con l’antica strada é dimostrato anche dalla sua forma urbana e dalle dimensioni e dal prestigio della maggiore struttura ospedaliera cittadina: lo “ Spedale di Santa Maria della Scala”. A differenza delle altre città romane ( ad esempio Lucca o Firenze), dove l’originale impianto quadrato ad assi ortogonali é la base di partenza per lo sviluppo urbano medioevale, a Siena questo prende avvio da un nucleo abitato di altura: Castelvecchio, presso il quale si attestò la sede episcopale e la chiesa cattedrale. La successiva crescita della città non avvenne, come apprendiamo da carte dell’epoca, per anelli concentrici attorno all’elemento generatore, bensì fu causata dalla via Francigena che scorreva più in basso, lungo le direttrici delle attuali vie Montonini e del Porrione, che divennero anche gli assi dello sviluppo della città.

La storia ci racconta che fin dall’XI secolo l’antico abitato si era saldato al percorso della via Francigena presso la Croce del Travaglio, dando vita a dei borghi lungo la strada, con tendenza ad espandersi maggiormente verso nord, in direzione di Camollia, quasi a voler sottolineare la forte attrazione della città verso quella parte della Toscana che fin dal primo medioevo si era dimostrata la più importante della regione. In seguito, l'espansione urbana proseguirà verso sud e sulle altre direttrici viarie che afferivano alla città, in corrispondenza delle quali si apriranno le monumentali porte dell’ultimo giro di mura. La città di Siena, fino ai nostri giorni, come possiamo osservare, ha mantenuto le sue caratteristiche storiche e medioevali, non solo con le sue architettura, ma soprattutto con gli usi e costumi di allora. Tutto questo lo possiamo vedere con il famoso Palio e le storiche contrade.

In questa nostra breve escursione nella città di Siena, abbiamo visitato il Duomo ( secolo XII): una delle più splendide creazioni dell’architettura gotica italiana con l’annesso Museo dell’Opera del Duomo, Piazza del Campo, Palazzo Pubblico ed altri luoghi storici di Siena.

CHIANCIANO TERME.

Dalla finestra della camera dell’Hotel President di Chianciano Terme, dove avevamo trascorso la notte, lo spazio e il tempo avevano assunto una sorta di trasparenza. Per uno di quei meccanismi pieni di evidenza e di mistero, un cielo privo di nubi prometteva felicità. Davanti al nostro sguardo si  presentava una vista meravigliosa, quel  paesaggio tipico e caratteristico  senese in un’alternanza di vigneti, oliveti, colline, cascinali rustici e ancora più suggestivi al momento del tramonto con allo sfondo l’Amiata, la montagna degli Dei, con le sue colline verdi e caratteristiche che solo il paesaggio toscano sa offrire al turista in questa stagione autunnale, dove tutto é diverso con i suoi colori di terra bruciata di Siena, di pastello e di ocra chiara, caratteristici di questa stagione autunnale che sta per tramontare.

L’Amiata: una montagna incantata, dove una volta si celebravano i magnifici riti etruschi. Oggi dimenticando i riti pagani di questo antico popolo, si  possono celebrare i riti dell’evasione, del tempo libero, alla ricerca di un’antica serenità e della pace interiore di ognuno di noi. Questo é stato il nostro proponimento giungere fin qui, per trovare noi stessi e la gioia di vivere.

Non so chi lo ha scritto, che questa terra “ non é più selvaggia come nell’Ottocento, ma il verde e il mare sono autentici”. In più ci sono le antiche abbazie, le chiese, i paesini pittoreschi e abbarbicati sui pendii, la tradizione artigiana e i rifugi faunistici. Per non parlare della gastronomia, dei suoi eccellenti vini, dei suoi salumi, dell’ottimo formaggio pecorino, degli aromi e profumi che caratterizzano questa bellissima regione.

Appena siamo entrati in questa antica terra, la prima cosa che abbiamo notati é stato il colore, che é la cosa più bella e astratta della natura. Dovunque ti volti, in questo paesaggio senese, costituito di colline pianeggianti, dove svettano i verdi cipressi, vedi che tutto é in sintonia con la  Madre natura, con quella fonte inesauribile di sorprese che é appunto questo paesaggio fatto di colline e di montagne come l’Amiata, che si staglia verso il cielo e si fonde armoniosamente con la storia medioevale, con la leggenda e con le tradizioni di questo antico popolo. Per  noi che amiamo la pittura e, non solo per noi, ogni angolo é un piccolo quadro, una miniatura dai contorni quasi sfumati, specie al tramonto del sole, dove ogni cosa acquista la sua giusta dimensione, la sua personalità, il suo carattere, la sua natura, e il suo modo di essere. Il contrasto tra la luce e le  ombre della sera, che appaiono al crepuscolo, specie in questo periodo autunnale, é come la luce che cade sopra un dipinto, illumina (sec.XIV) e dove si  conserva la Cappella di S. Caterina, decorata da famosi affreschi del Sodama ( Estasi e Svenimento della Santa; il tabernacolo marmoreo  (1466) racchiude il reliquiario della testa di S. Caterina ( il cui corpo si conserva nella chiesa di S. Maria della Minerva a Roma) davanti alla quale Padre Alfredo  ha presieduto un momento di preghiera.

Dopo di aver piegato il ginocchio, per devozione, davanti al tabernacolo marmorio dove é rinchiuso il reliquiario della testa della Santa, ci siamo portati presso il Santuario Cateriniano: complesso di costruzioni sorte intorno all’abitazione di S. Caterina Benincasa. A questo complesso religioso, ne fanno parte: la Chiesa del Crocifisso ( davanti al quale la Santa ricevette le stigmate), l’Oratorio Superiore ( quadri raffiguranti la vita della Santa), l’Oratorio della Camera e la Chiesa di S. Caterina in Fontebranda (dipinti del Sodano, pittore che abbiamo ritrovato a monte Oliveto Maggiore).

Dopo la visita dell’imponente Duomo gotico del XII secolo, la comitiva, prima di riprendere la via verso Chianciano, per visitare alcuni paesini caratteristici senesi, abbiamo visitato la famosa Piazza del Campo, dove appunto si svolge due volte all’anno il famoso Palio di Siena. 

PAESI DELLA TOSCANA MINORE.

Tutti questi paesi che stiamo per visitare e che noi conosciamo uno ad uno, sono stati definiti: dell’Italia minore, che poi di minore non c’è  proprio nulla, ma ritenuti meno importanti. In questi borghi, paesi e villaggi, ritenuti minori, si possono ammirare angoli suggestivi, panorami mozzafiato, case e stradine che rispecchiano la storia della vecchia Toscana, con la bottega del fabbro, dell’intagliatore, del ceramista, dello scultore, del pittore e di tutte quelle maestranze che  fecero grande questa regione con la loro arte artigianale,  conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Oltre a tutto questo, vi sono i magnifici monumenti, le chiese, i castelli antichi che ricalcano “l’età di mezzo”, che abbraccia i secoli compresi fra il tramonto dell’età antica e gli inizi dell’età moderna .

Nelle ore pomeridiane, sulla via del ritorno verso Chianciano, abbiamo sostato in questi paesini caratteristici senesi. Il cielo da limpidissimo, piano piano si stava coprendo di nuvole bianche, mentre nelle gole delle valli, se anche in lontananza, si scorgeva una nebbiolina sottile che copriva ogni cosa. In quel momento stavamo percorrendo la vasta area che si stende a sud est di Siena, dove il paesaggio raggiunge eccezionali punte di colline coltivate ad oliveti e vigneti e più in alto boschi di castagneti. Superato un piccolo colle,  tra le valli dell’Ombrone e dell’Asso, ecco che improvvisamente ci appare  Montalcino, con i resti di quello che fu un importante castello medioevale, con il suo Palazzo Comunale del XIV -XVI, con il Museo diocesano. Questa antica cittadina, é famosa per il vino, il “ Brunello” di Montalcino.

Dopo di aver visitato questa caratteristica cittadina e gustato il suo delizioso “ Brunello” di Montalcino, la comitiva ha raggiunto l’Abbazia di Sant'Antimo, che sorge isolata nella campagna ai piedi del colle boschivo.

L’Abbazia di Sant'Antimo.

Questa meravigliosa Abbazia, é una Abbazia stupenda situata in una vallata incontaminata, in una cornice di bellezza in mezzo alle colline senesi costruita nel 1118 in puro stile romanico, per quanto appartata rispetto al tracciato principale della via Francigena, é il monumento romanico toscano che, più di ogni altro, esprime la cultura internazionale portata dalla strada. Documentata sin dall’età carolingia, l’abbazia ebbe un grande momento di splendore nella prima metà del XII secolo, quando fu iniziata la costruzione della grandiosa chiesa a tre navate, con deambulatorio a cappelle radiali, secondo uno schema che fu tipico delle grandi chiese di pellegrinaggio, anche se i caratteri “ francesi” vi appaiono diluiti dalla tradizione locale (copertura a capriate della navata maggiore, archi sorretti da colonne). L’Abbazia é abitata da monaci Agostiniani che animano la liturgia in canto gregoriano ( centro rinomato di spiritualità). E’ una comunità di Canonici regolari: ... Consacrati alla lode di Dio e al servizio pastorale; che fanno vita in comune secondo l’ideale degli apostoli ( “ Per loro tutto era in comune, e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il proprio bisogno” - Atti 4,32....25); ... Che crescono nell’amicizia spirituale secondo la Regola di sant'Agostino ( “ Il motivo per cui vi siete riuniti insieme é che viviate in perfetto accordo nella casa, e abbiate un cuor solo e un’anima sola protesi verso Dio”- Regola di Sant'Agostino 1,3); ... Che si rendono disponibili per tutti coloro che cercano un luogo ideale per pregare, riflettere, trovare le risposte alle domande importanti della vita.

La città piena di caos é stracolma di rumori. Le autostrade bloccate per le code di camion e di macchine. Una vita frenetica.... Purtroppo é il “ “pane quotidiano” di numerosissime persone. Certo, anche  Dio é presente. Ma facciamo fatica a sentirLo, ci sentiamo assenti, lontani, assorbiti da una voragine che ci risucchia facendoci diventare delle “ trottole” infuriate.

Non a caso, anche Gesù si é ritirato tante volte dal caos mondano, in profondi deserti o su alte montagne per pregare, per entrare in intimità con il Padre, prima di  fare scelte importanti... Accogliamo ancora oggi il suo invito: “ Venite in disparte in un luogo solitario e riposatevi un po'” ( Marco 6, 31) “... Parlerò al tuo cuore” ( Osea 2,6).

Questo luogo solitario, immerso in questa vallata incontaminata, incorniciata di bellezze in mezzo a queste stupende colline, che cosa ci propone? Ci propone una preghiera: Pregare non é sempre facile! Ma se ci immergiamo nel ritmo della preghiera cantata da questi frati in gregoriano..... e se ci uniamo alla preghiera di una Comunità che, sette volte al giorno, si raduna in chiesa per alzare a Dio una lode e una supplica per tutti gli uomini.... Allora impareremo anche noi ad essere “ uomini e donne di preghiera”.

Questa Abbazia benedettina, sorge nella bellezza della campagna senese ai piedi di un colle a pochi chilometri dalla cittadina di Montalcino, che domina tutta la vallata, ricca di vigneti e di oliveti. Oltre che un luogo di meditazione e di preghiera, é un luogo dove si possono effettuare delle stupende camminate nei dintorni dell’abbazia, che contribuiscono sicuramente, a darti quella serenità che ti apre a Dio, al mondo e al tuo prossimo.

 Nei boschi circostanti, regna sovrano il cinghiale, che in questo periodo della caccia, richiama molti cacciatori. Guardando dal finestrino del grosso torpedone, ne ho visti alcuni che pascolavano ai margini del grande bosco di castagne.

Da questa località d’altura, dove l’occhio spazia in un infinito orizzonte, costituito da  colline , vallate  e il declivio dei colli che scendono verso il piano, la comitiva si é portata nella graziosa cittadina di Pienza, voluta e costruita da papa Pio II, al secolo Enea Silvio Piccolomini. Di questa città di evidente impronta rinascimentale, ne parleremo più diffusamente nel capitolo successivo.