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MONTEPULCIANO

Nel circondario di Pienza, si trova la cittadina di Montepulciano, di nobile aspetto e di impronta medioevale, sita in posizione panoramica su un’altura che domina il sottostante piano della Chiana. Montepulcino é una antica cittadina nella Val di Chiana, a 605 metri di quota, é famosa per i suoi celebre vini, esaltati anche dal poeta F. Edi. Nel 1454 vi nacque il poeta Angelo Ambrogini, detto il Poliziano.  E’ ornata dai suoi celebri palazzi Neri - Orselli, di stile gotico; Palazzo Comunale e varie chiese del ‘400 con pregevoli dipinti; palazzi  del XV e XVI secolo; , Piazza Grande, Duomo, S. Biagio ( una delle più significative creazioni del Rinascimento, capolavoro di Antonio da Sangallo il Vecchio 1518 .48) il Museo Civico ( con opere notevoli di scuola senese).

Per brevità di tempo, di questa cittadina medioevale, abbiamo  visitato la parte più alta, cioè il centro storico dove sorge la Piazza Grande, il Duomo, il Palazzo Comunale e palazzi risorgimentali, capolavoro di Antonio di San Gallo. Dal quel balcone panoramico, punto più alto della cittadina di Montepulciano, é un mondo antico che, quando le mattine di primavera o  di fine autunno, quando le giornate sono limpide, come é stata la giornata di ieri domenica  27 ottobre, pare senza confini. La vallata sottostante appariva come se fosse un paesaggio metafisico. Infatti, la valle era coperta da uno strato di nebbiolina biancastra, che ti dava la sensazione di ammirare un grande lago. Nella val di Chiana si intuivano in lontananza le colline e il monte Catria, i Sibillini, il Cimone, le vette più alte del Gran Sasso, Perugia, il Subasio, Assisi; dalla parte della val d'Orca, il monte Amiata, Montichiello, Pienza e il profilo di Montalcino e, con quel cielo trasparente, le torri di Siena. Ma la troppa aria abbagliava, il venticello confondeva le idee, ci accorgiamo che dappertutto i paesaggi immensi possono avere un senso e incantare, ma che in Toscana siamo abituati alle dimensioni più ridotte, più umane: magari per dare la possibilità al pensiero di fare grandi salti, di immaginare l’infinito vero.

Una visita fugace alla Piazza, ai Palazzi Risorgimentali, alla Cattedrale, con opere d’arte importanti, come dipinti e la bellissima composizione del Robbia, che fa bella mostra di se al principio della navata di sinistra. Ripercorriamo le stradine, i vicoli che con le case infiorate discendono verso la vallata. Ora ci interessa la val di Chiana che incomincia qui sotto e che sale da tutte le parti davanti a noi con colline dolci, ci pare impossibile credere, forse stasera, quando il sole tramonterà dietro le colline che dividono la val di Chiana dalla val d’Orcia, Montepulciano metterà l’oro e l’argento nelle facciate, nei timpani, nei campanili, nella cupola che conclude tutta la grazia in cui ogni vota che ammiriamo questo paesaggio, ci pare impossibile credere.

Prima di salire fin quassù, la prima cosa che abbiamo ammirato é stato il tempio di San Biagio, opera maestosa di Antonio Da Sangallo il Vecchio, il quale ne realizzarla seguì la lezione rinascimentale a pianta centrale del Bramante e di Michelangelo, con una varietà decorativa  già manieristica. La riscoperta dell’architettura romana fece nascere in tutta la Toscana grandi chiese a cupola, fuori delle mura perché nella città mancava lo spazio, ma vicine e in posizione elevata così da diventare il nuovo simbolo della città stesse. San Biagio divenne l’espressione di una popolazione ancora costretta a vivere, per motivi di sicurezza, entro il giro delle mura, ma già in grado di dominare lo spazio intorno e di viverlo con un nuovo senso di libertà. Come San Pietro in Vaticano, San Biagio é a croce greca, con due campanili agli angoli della facciata. Il secondo campanile, per motivi che noi non siamo in grado di stabilirlo, non venne mai completato, infatti, é rimasto in compiuto.

 Questa meravigliosa opera architettonica e che essa  appare come un incanto in mezzo alla meraviglia della natura che il progresso civile non è riuscito a modificare.  Come leggiamo su una delle tre porte del Tempio di San Biagio a Montepulciano, per ricordare la sincera volontà di popolo che rese possibile l’edificazione di questo grande monumento, ancor oggi ammirato da tutti. Questo Tempo di meravigliosa bellezza: “ Fu eretto con denaro di persone venute da ogni luogo”.

La storia del Tempio di San Biagio, come ci é stata trasmessa dalle cronache dei primi anni del ‘500, é molto arricchita dalla fantasia popolare. E’ certa in quell’epoca, una grande e diffusa devozione per la Madonna. Nell’arco di un secolo, il colle poliziano fu testimone di tre episodi miracolistici. Il primo, in ordine di tempo, é quello della Madonna delle Grazie, del 1514: in un eccesso di rabbia, un giovane contadino colpì con un pugnale l’Immagine Sacra, dalla cui ferita sgorgò del sangue, le cui tracce sono ancora visibili.

Un altro episodio d’ira causò , alcuni decenni dopo, un altro prodigio: quello della Madonna di S. Martino, la cui immagine é conservata nella Cattedrale poliziana, la quale colpita da un maglio di ferro, conserva un’ampia lividura (1580). Tra i due episodi si inserisce il miracolo della Madonna di San Biagio (1518), da cui scaturì l’altro miracolo, quello artistico, del Tempio omonimo. Racconteremo l’episodio così come lo tramanda la fede popolare, senza che lo scrupolo dello storico ponga i suoi limiti.

“ Nel luogo dove sorge la chiesa attuale, si trovava un’antica Pieve, dedicata allo stesso santo, della quale, agli inizi del 1500 non restavano che dei ruderi. Il “ Breve” del pontefice Leone X, che contiene l’autorizzazione a costruire il Tempio, dice tra l’altro che la “ Chiesa di S. Biagio, presso e fuori le mura della terra di Montepulciano, per vecchiaia e per altro fortuito incidente era distrutta ed era rimasto soltanto, un campanile senza campane ed una sola parete nella quale l’Immagine Beatissima di Maria Vergine, coperta da pietre, da rovine  e da siepi “ (21). L’incuria e i frequenti saccheggi, favoriti anche dalla sua posizione all’esterno delle mura, avevano ridotto la chiesa in uno stato di totale abbandono. Per i motivi di cui sopra, é nato questo gioiello dell'architettura Risorgimentale.

Scendendo verso valle, notiamo queste colline dolci  seminate a grano, senza vigne, con pochi oliveti, con qualche boschetto qua e là e cipressi disposti a filari per delimitare i poderi o messi a corona per circondare le case coloniche, le fattorie. Sulla collina più alta, alla nostra destra, la salita della valle si conclude in un paesino che occupa tutto il cocuzzolo, case gialle di sole intorno alla chiesa e al campanile, Sant’Elpidio, ci dicono. E cominciamo a capire che tutt’intorno la Toscana vera, l’Etruria antica conservata nei millenni, é tutta qui, tutta evidente sulle cime delle più alte colline a tutto intuibile nelle lontananze che si muovono dentro una caligine serena: basta che la memoria intercetti i punti cardinali e faccia riapparire le visioni godute qualche tempo addietro.

Lì di fronte, dietro la prima fila dei colli, dove comincia val d’Orcia, si vedono le torri, i campanili, i tetti dei palazzi più alti di Pienza: laggiù, oltre la nebbiolina azzurra che riempie come un’acqua di lago tutta la valle d’Orcia, su colline più alte, appare il profilo senza uguali di Montepulciano e  si sa che un po' più lontano, fra Arezzo e il lago Trasimeno, c’è Cortona anche lei in cima a un poggio e, un ‘ altra direzione, il Vescovado di Murlo con la tomba strana dove fu sepolto il suo palazzo etrusco fra Poggio Civitale, Poggio  Aguzzo e Piano del Tesoro. Tutti poggi, poggi, poggi. Anche la vicina Chianciano, che abbiamo lasciato definitivamente da poco, anche la vicina Chiusi sono costruite su poggi: e non poggi piccoli, tutti oltre i quattrocento metri, due dei più bassi sono quelli di San Giovanni d’Asso e di San Quirico d’Orcia. Da qualunque parte si guardi, dalla terra o dal mare, é un luogo di un’altezza vertiginosa, pare irraggiungibile. Perché tutte in cima ai poggi queste città etrusche? Non solo io ed Adriana mia moglie, ma molte altre persone facente parte del nostro gruppo escursionitico di Campitello, ce lo siamo spesso domandato: Perché per arrivarci, bisogna fare la fatica della salita e, quando ci siamo entrati dentro, quando abbiamo oltrepassato le mura per una delle porte che si aprono verso tutti i punti cardinali, bisogna ancora salire per arrivare alle rocche, alle fortezze, ai palazzi dei potenti, alle chiese più importanti? Non facciamoci ingannare di quello che succede ora, dal fatto che arriviamo d’un fiato con il pullman per strade asfaltate e lisce come lavagne: pensiamo a quello che succedeva una volta quando la gente arrivava a piedi o in carri scomodi, per strade polverose, fangose, sassose. Le ragioni possono essere tante. La prima é che tutte le città della val di Chiana e delle altre valli intorno avevano bisogno delle alture per essere tranquille, per potersi difendere. La seconda é che, dappertutto nelle valli, si allargavano le paludi, la val di China che é appunto la valle di Montepulciano era riempita da un fiume - il Chiana, appunto - così lento nel suo defluire un po' verso l’Arno un po' verso il Tevere che per Dante,

nel XIII (n.22) canto del Paradiso, diventa l’emblema della lentezza:

“Poi ché tanto di là da nostra usanza,

Quanto di là dal muover della Chiana

Si muove il ciel che tutti gli altri avanza”.

Camminando nell’unica strada che attraversa il paese di Montepulciano, é come tornare gradualmente all’antico, ritrovare a poco a poco le origini, riscoprire dentro le pietre di quest’antico borgo, che é fatta tutta di pietra, la sopravvivenza degli Etruschi. E’ come incominciare a capire cose che finora ci erano sembrate stranezze. Non vogliamo chiamare in vita i fantasmi, ma abbiamo l’impressione che tutta l’ “ etruscheria” vista alla base del palazzo Bucelli non sia, piuttosto, il riaffiorare spontaneo di un mondo che piano piano, salendo dal sottosuolo, riprende possesso dei luoghi già suoi, corrode le fondamenta dei palazzi, invade le pareti, sale per i bugnati, le lesine, le colonne, le cornici delle finestre, comincia a svuotare ogni cosa. Perché, se facciamo attenzione, ci accorgiamo che tutti i grandi palazzi di Montepulciano - a parte i pochissimi destinati agli uffici pubblici - sono vuoti, abbandonati, quasi intatti di fuori e semidistrutti di dentro.

Quello che nella veloce passeggiata che stiamo facendo noi oggi, ci può apparire ancora prezioso, intatto, a guardare bene, come scrive Luigi Testaferrata, diventa una perla svuotata, un’apparenza senza sostanza. La desolazione ha già invaso ogni cosa, se stiamo affacciati alla finestra di uno dei pochi alberghi moderni e guardiamo quello che succede dall’altra parte della strada, si scorgono i ciuffi delle erbe selvatiche cresciute sui cornicioni; i piccioni annidati nelle nicchie insudiciano ogni cosa; al di le dei vetri delle finestre sconnesse i travicelli appaiono corrosi, i pavimenti si piegano sotto il proprio peso, i grandi monumenti sembrano gli avanzi di smisurati molluschi morti da tempo. L’Etrusco ripiglia il sopravvento, la morte si riappropria di quello che per pochi secoli le era stato sottratto”.

Così continua dicendo Luigi Testaferrata : “ Che succederà a Montepulciano? Fino a quando resisterà? Forse é bene che succeda quello che deve succedere. Ma per chi spera le cose si fermino c’è ancora, alla base della collina, il grande tempio di San Biagio. Cominciò a costruirlo Antonio da Sangallo il Vecchio nel 1518, dopo il 23 aprile 1517 quando la Madonna apparve a un ragazzo che passava nei campi. Sul grande portone, come abbiamo scritto sopra, sono scritte d’allora queste  parole: “ Coelos elemosynario viator emis obolo hae si pure transeas”, “ O viandante, se tu passassi per questa porta con l’animo puro, basta che tu faccia un’elemosina e tu compri i cieli”. Nella nostra visita, abbiamo dato il nostro modesto obolo. Basterà così poco per salvare Montepulciano dalla etrusca tentazione di morire, dalla rinascimentale voglia di dimenticare la morte? Qui a Montepulciano non ti chiede  nulla nessuno, mentre nelle altre chiese, come per esempio in quella di San Gimignano, ti obbligano a pagare un biglietto per entrare in quel luogo sacro, dove sono conservate opere stupende della pittura medioevale. Questi tesori sono di tutti, ricchi e poveri e non soltanto di quelli che possono pagare il noioso biglietto d’entrata. Oggi, nel nostro Paese, questi tesori dell’arte sono diventati un vero “ business”  A San Gimignano, oltre a pagare l’entrate nelle chiese, appena arrivi, ci pensa il  l’Amministrazione Comunale, ha farti pagare il pedaggio di un Euro, per ogni persona, per entrare nella città delle cento torri.

Questa simpatica cittadina, attraversata dall’unica strada fiancheggiata da una lunga fila di case e palazzotti di nobile casato, culmina al punto più alto, dove sorge la piazza panoramica e  il Duomo . Dopo l’ultima Guerra Mondiale, é stata scelta quale residenza da numerosi cittadini, illustri personaggi, pensionati e imprenditori  inglesi, che vi abitano felicemente nelle ville  e nei palazzi più belli. Qualcuno l’ha definita, appunto, la città degli inglesi. Lo scrittore Jean d’Ormesson, parlando dei suoi personaggi nel libro “ Il vento della sera”, così ha scritto di Montepulciano: “ A tutte queste scene del passato che si animavano per me sulla terrazza di Montepulciano non accordavo un’importanza smisurata. Non credo affatto che il passato basti per comprendere il futuro. Arrivo fino a pensare che la tanto diffusa convinzione che lo illumini e lo spieghi non significhi gran che. Quel che é vero fino all’evidenza é che il passato costruisce il basamento su cui s'innalza il presente, che esso accumula le condizioni di ogni storia futura. La vita a questo di caratteristico, che viene fuori spontaneamente. E’ sempre l’inatteso ad aver la maggiore probabilità di sopravvenire. Ma anzitutto deve partire dall’esistente. E ciò che non si  aspetta deve avvenire fuori da ciò che si conosce. La storia é la costrizione della vita. Il passato é ciò che impedisce che l’avvenire sia una cosa qualsiasi”.

Quando abbiamo lasciato la cittadina di Montepulciano, per proseguire per l’Abbazia di Monte Oliveto Maggiore, i primi  raggi di un sole pallido  di questo fine ottobre, illuminavano la parte alta di questo caratteristico ed antico borgo medioevale, mentre nella bellissima Val di Chiana, continuava a stagnava una sottile foschia che copriva inesorabilmente i casolari, i vigneti e gli oliveti, mentre i cipressi  svettanti sulle colline circostanti ondeggiando  ad ogni alito di vento.

CHIANCIANO TERME.

La cittadina di Chianciano Terme, é stato il nostro punto di partenza e d’arrivo: dobbiamo dire che é una città moderna, costituita da grandi alberghi , da ville e villini, con strade  e viali ben curati, ma di poco interesse artistica, anzi di artistico non c’è proprio nulla ad eccezione del borgo antico con resti d’architettura romana, che é barbicato su di una collina, quasi di fronte al monte Amiata. Quello che c’è di bello, e che la cittadina di Chianciano Terme,  sorge in una colline illuminata dal sole, in un paesaggio bellissimo  immerso nel verde  dei boschi, degli oliveti e dei cipressi svettanti nel cielo. Quando siamo giunti  al “Hotel President”, sito in viale Baccelli,  per la cena ed il pernottamento, era quasi sera, mentre le ultime luci del giorno stavano illuminando l’ultimo lembo della montagna incantata dell’Amiata, dove una volta, come abbiamo detto, si celebravano i magici riti etruschi, mentre gli escursionisti “campitellesi”, dopo un lungo viaggio escursionistico nei  borghi medioevali senesi, si apprestavano a celebrare il rito della cerimonia sacra della cena  alla ricerca di quell’antica serenità.

Il tempo non scorre sempre allo stesso ritmo. Ci sono delle lunghe sere d’estate o d’autunno come questa in cui sembra quasi immobile. Ci sono degli istanti di felicità che svaniscono così in fretta che sembrano appena sfiorati dalla sua corsa ansimante. Ma ci accorgiamo con rammarico, ma anche con un briciolo di felicità che il tempo passa come in un sogno. Infatti, l’euforia, l’ottimismo, l’esaltazione e l’entusiasmo, ma presto ci accorgiamo, attimo dopo attimo, che quell’istante fugace é passato così veloce come un sogno.

Purtroppo il sogno é come la storia che non segue le nostre aspettative, troppo spesso scarta, addirittura ci supera. Mentre siamo davanti alla tastiera del nostro computer, per cercare di rievocare i  momenti magici di quel meraviglioso pomeriggio a  Siena e, della meravigliosa serata, ma ad un certo punto ci accoriamo che ci é rimasto il ricordo e la gioia di vivere.

“Negli alberghi come sulle navi, i pasti costituiscono una cerimonia rituale strettamente codificata. E’ uno spettacolo affascinante, e spesso desolante, vedere quelle coppie e quelle famiglie ingerire in silenzio, con gesti forzati, su tovaglie

impeccabili, un cibo universale, da cui é stato accuratamente bandito tutto ciò che può rammentare una regione,  una stagione o un week-end come questo.  Come spesso ci é capito di assistere nei nostri viaggi o nei nostri continui spostamenti, ma possiamo affermare che tutto questo non é successo nella grande sala dell’Hotel Presidente di Chianciano Terme, come pure nella trattoria il Gallo Nero, sita in via del Pomone, 65/67, perché il nostro gruppo costituiva una sola famiglia, un solo nucleo di amici e quindi, eravamo come una squadra di goliardici, con le nostre

tradizioni e con lo spirito che ci é più connaturale, proprio quello spirito che é dei “mantovani”, simpatici e chiassosi,  che si differenziano dagli altri”.

Per nostra abitudine, spesso ci ripetiamo nei nostri scritti. Infatti, in questo contesto letterario ci siamo sofferma  nel rituale dei pasti negli alberghi  Gli scrittori, a volte , volutamente ripetono una frase  o un concetto per illustrare un loro pensiero, la stessa cosa é successa anche a noi che non siamo scrittori di professione, ma semplici appassionati della letteratura.

In questo week-end, come nell’escursione alle Cinque Terre, io ed Adriana mia moglie, che siamo degli extra murus, ci siamo trovati amalgamati in  questa squadra  di allegri buontemponi, che amano l’allegria e di gioia di vivere. Non stiamo qui ad elencarle una ad una queste persone, perché se un giorno dovessero leggere queste pagine, ognuna di esse si può identificare.

ABBAZIA DI MONTE

OLIVETO MAGGIORE.

Il mattino di domenica 27 ottobre,  il grosso torpedone arrancava dolcemente sulle colline colorate di quei colori caldi dell’autunno che sovrastano il borgo antico di Chianciano e la moderna cittadina sottostante. Il cielo da limpidissimo, piano piano si stava coprendo di nuvole bianche, mentre nelle gole delle valli, se anche in lontananza, si scorgeva una sottile foschia che copriva ogni cosa, ma non impediva ai raggi di un pallido sole di bucarla. Prima di proseguire verso la vasta area che si stende a sud est di Siena, che é una  delle ampie zone argillose d’Italia. Quella é la zona  delle “ “Crete Senesi”, questo paesaggio “metafisico e lunale”, raggiunge eccezionali punte di nudità, specialmente in questo periodo dell’autunno inoltrato, quando manca il manto erboso dei cereali: colline incise da calanchi e qua e là coperti di boschetti dalle foglie colorate, borghi antichi aggrappati alla roccia, casolari sparsi e ombreggiati da cipressi svettanti e piccoli greggi che pascolavano in quel paesaggio bellissimo. Adriana, che sedeva al mio fianco, mi ha detto: “ Diego, guarda questo paesaggio se non sembra un’oasi in quello che é stato definito “ un saggio di deserto in Italia”. Si, é vero, hai ragione . Questo paesaggio é una cosa unica, irripetibile, meravigliosa, che sono in questa antica terra di Toscana, si può ammirare.

Mentre il cielo si stava corrucciando,  mostrando un’espressione di malumore, con le sue nuvole basse accompagnate da una sottile pioggerella, lasciavamo le mammellose colline, ed entravamo nel borgo antico di Arcidosso, dove sorge la Pieve di S. Maria ad Lamulas, esempio raro di tardo romanico, nel cui interno, in un’altra escursione con il CAI di Mantova, abbiamo ammirato una splendida Madonna lignea policroma del secolo XIV. Sulla  strada che porta a Siena, si incontra  l’antica cittadina medioevale di Buonconvento, con bellissime mura, torri, monumentali porte d’ingresso, palazzo Pretorio e chiesa di S. Pietro e Paolo del secolo XIV.

Non lontano di quest’abitato,  sorge l’eremo benedettino di Monte Oliveto Maggiore, che per la sua grande bellezza, potremmo definirlo un vero oasi di pace e di frescura, dove la comitiva era appunto diretta. In questo  grandioso complesso monastico tra il verde di boschi e cipressi, fondato   nel 1313 dal beato Bernardo Tolomei: é la casa dei Benedettini Olivetani. Subito dopo giunti, é iniziata la visita guidata al monastero: abbiamo ammirato dipinti del Sodana e di Luca Signorelli nel chiostro grande raffiguranti la storia di San Benedetto. In un‘ala del Monastero, come in tutti i Monasteri d’Italia Settentrionale che abbiamo visitato, vi é un negozio di liquori con prodotti tipici dell’Abbazia, in parte prodotti dai frati stessi che vi vivono.

Alla fine della visita, alle ore 11, é stata celebrata la Santa messa conventuale con il “ canto gregoriano” eseguito dai monaci nella chiesa dell’Abbazia che é del XV secolo. Dopo questa toccante cerimonia religiosa, la comitiva ha pranzato presso il ristorante tipico “ La Torre” con menù caratteristico toscano e piatti locali. C’era tanta allegria e tra un bicchiere e l’altro di “ Rosso Montalcino”, abbiamo concluso il nostro luculliano pranzo, il nostro banchettare in allegria Noi  siamo abituati a questi lauti pranzi, perché con il gruppo CAI di Mantova, una volta all’anno ne rinnoviamo il rito dell’amicizia e dello stare insieme . Come diceva Don Enrico, l’organizzatore di questo Week-end di fine stagione nella vecchia e cara terra di Toscana:  “ una volta ogni tanto non guasta un poco di allegria, e quindi oggi facciamo festa, per ritrovare noi stessi e la gioia di vivere”. Nelle prime ore del pomeriggio, abbiamo lasciato a malincuore, quest'oasi di pace e di serenità  e ci siamo diretti verso il borgo antico di San Gimignano .