AVANTI CLICK

ESCURSIONE A GENOVA  E PORTOFINO

 

7 Aprile, 2002.

Il nostro non é un Paese qualunque, un paese come gli altri, ma un vero paradiso terrestre, dove la natura si sposa con la meravigliosa bellezza del paesaggio, che il mondo intero ci invidiano.

L’Italia é un Paese piccolo, bellissimo, con tremila anni di storia, dove ogni luogo, ogni pietra sono carichi di simboli e di ricordi. Ogni singola regione é un microcosmo. La Lombardia, per esempio, dove noi oggi viviamo felicemente de oltre quarant’anni, ha i colossi innevati e la pianura nebbiosa. La Toscana montagne di marmo e coste coperte di pini. La Sicilia le rocce nere di Catania e quelle di Palermo, senza parlare delle isole Eolie, con i suoi “giganti fumanti”, i vulcani fantastici e le montagne bianche di pomice, e poi c’è Ustica, Linosa , Lampedusa, Pantelleria, scagliate così lontano da toccare quasi le coste dell’Africa, che punteggiano il grande mare, il pelago degli antichi. Le preziose pietre che il dio Nettuno  ha staccato dalla collana e gettato a ventaglio intorno alla Sicilia per adornarla  con una corona. Ma noi oggi, non siamo qui per ricordare e cercare di descrivere questi luoghi fantastici, come le vide Ulisse. E su questo territorio variegato, sono cresciute, nell’arco dei millenni, le civiltà greca, etrusca, romana, bizantina, medioevale, rinascimentale, barocca, moderna, città Stato e imperi.

Una bellezza in miniatura, vulnerabile dal turismo di massa. Che, perfino - come scrive il sociologo F. Alberoni- quando non costruisce niente, ne altera comunque lo spirito. Pensiamo a Venezia, l’orgogliosa capitale di un impero i cui palazzi, sul Canal Grande, erano le dimore delle potenti famiglie patrizie le cui navi hanno dominato il Mediterraneo e combattuto, in cento battaglie, i turchi. Oggi questi stessi palazzi sono alberghi e quello del doge é un elegante contenitore per mostre e convegni. Chi arriva incontra folle di turisti anonimi che mangiano, prendono fotografie e comperano souvenir. Se vuol evocare il passato, se vuol vedere l’antica Venezia, deve appartarsi, cercare la solitudine.

Noi andiamo sulle spiagge tropicali per trovare il sole, il mare, l’eccitante pesca del barracuda. Non ci interessano i dettagli delle chiese, le forme delle case, l’armonia di un giardino. Ci siamo domandati più volte, ma cosa vede un turista a Lucca, a Roma, a Caserta, a Capri, a Napoli se non é capace di percepire il valore simbolico delle forme?

Il turismo, in un Paese come il nostro, richiede preparazione. Richiede di percepire l’armonia delle forme architettoniche, il colore delle case, degli alberi, del cielo, le ombre e i chiaroscuri. Richiede di sentire le vibrazioni del passato davanti a un monumento, a una fontana, a una vecchia chiesa. Di lasciarsi penetrare dal mistero dei volti e dei corpi. Per cui, quello che abitualmente appare un tessuto uniforme, dispiega la sua ricchezza di particolari e di significati.

Per sviluppare turisticamente il nostro Paese, le strade, gli alberghi, i giardini dovrebbero amplificare questa percezione. O, perlomeno, non disturbarla. Evitando tutto ciò che é violento, volgare, moderno, chiassoso. Come i grandi condomini, i centri commerciali sgargianti, le luci alogene che distruggono  la notte.

Si tratta, in fondo, di rifare la scelta che alcuni dei nostri più celebri luoghi turistici hanno già fatto. Prendete il golfo di Napoli. La costa che va da Pozzuoli a Castellammare costruita, cementificata, congestionata, povera, non ha più turismo.

Questo vive a  Sorrento, Ravello, Amalfi, Positano, Capri, Ischia e anche, in tutta la costa della meravigliosa Liguria, dove noi oggi, siamo giunti per rivedere e godere, mentre per altri scoprire questo microcosmo di bellezza e di armonia.

Prima di iniziare a descrivere i luoghi della meravigliosa Liguria, ove  per l’ennesima volta, ci siamo ritornati con un gruppo di simpatici amici  di Campitello, vogliamo  soffermarci, sia pure brevemente, su questo  piccolo borgo di sapore medioevale, che fa parte della bella Lombardia, con i colossi innevati e la pianura brumosa, che non é soltanto la regione dei colori velati dalla nebbia, ma é un susseguirsi di panorami incantevoli e sensazioni suggestive, quasi al limite dell’irreale. Il toponimo di Campitello, ci porta all’“età di mezzo”, che abbraccia i secoli compresi fra il tramonto dell’impero romano d’Occidente, 476 d. C) e gli inizi dell’età moderna, (dell’età  simbolica del 1492, anno della scoperta dell’America). Qualcuno si potrebbe domandare, ma perché la citazione di questo periodo storico? Perché in questo periodo, si ritiene la nascita di questo borgo antico. La storia ci racconta che il nome di Campitello deriva probabilmente da “Campus Vitellius” , per il semplice fatto che in questa località paludosa ed acquitrinosa, l’imperatore romano Aulo Vitellio, eletto dalle legioni della  Germania dopo la morte di Nerone, aveva accampate le sue legioni, per combattere quella guerra fratricida contro Marco Salvio Otone, vincendo la sua battaglia  presso Cremona, e precisamente nella pianura tra il borgo di Piadena e Cremona, a pochi chilometri da Campitello, e fu a sua volta vinto da  Vespasiano. Sconfitto dalle truppe di quest’ultimo, fu catturato e ucciso.

Infatti, la via principale di Campitello,che oggi non é più in piccolo borgo antico paludoso e acquitrinoso, ma un grosso paese che procede verso la modernizzazione, fin da tempi remoti é stata intitolata all’imperatore Aulo Vitellio.

Noi, come abbiamo detto più volte, non siamo scrittori di professione, ma semplici autodidatta; eppure lo scrupolo con cui registriamo le regole di un antico costume - appena temperate dai modi e dalle forme narrative - é rigoroso. Non si capisce per  quali ragioni gli scrittori di professione non guardino mai con curiosità nelle tradizioni del mondo che fu a loro familiare per attingervi quel colore di verità che rende viva e durevole ogni rappresentazione.

Dopo questa breve pausa introduttiva, veniamo alla nostra escursione in quella antica terra, che ci vidi quasi nell’età  adolescenziale e successivamente in quella adulta e in qualità di tutore dell’ordine. Quanto per citare una località, diremo che Albenga, ha dato i natali a nostra figlia Tiziana. La Liguria, é una terra antica e meravigliosa, che dopo la Old Calabria, é e sarà  la regione che più ci sta a cuore.

Dopo poco meno di un anno, grazie all’organizzazione dell’Ente Valle, che gestisce un piccolo  patrimonio terriero, lasciato in usufrutto alla comunità  da una estinta famiglia nobiliare di Campitello, dopo la meravigliosa escursione sul Lago di Garda, oggi siamo giunti  in questi luoghi dove la natura é stata protetta, curata, dove l’architettura si armonizza dolcemente con l’ambiente. Luoghi rimasti intatti, stupendi, perché sono stati difesi come un santuario.

Si, lo so, non é più la vecchia Liguria dell’Ottocento, con  la povera e rozza gente: pochi agricoltori, pochi pescatori, che sanno di vivere amaro, fatto di stenti, di sacrifici, di privazioni, di lavoro duro e continuo.  Ma il verde e il mare sono autentici. In più ci sono i paesini antichi e pittoreschi, barbicati sui pendii, la tradizione artigiana. Per non parlare della gastronomia e soprattutto dal clima. Non manca  però non di una grazia tutta sua, che le viene dai colli degradanti vagamente verso il mare.

IL CLIMA.

Il clima della Liguria é uno dei più felici. I monti che abbiamo attraversato nelle prime ore del mattino, proteggono la regione dai freddi venti settentrionali; influsso benefico del mare e le piogge abbondanti nell’autunno favoriscono una lussureggiante vegetazione di tipo mediterraneo. Noi, che conosciamo molto bene questa bellissima regione, diremo che la maggior dolcezza di temperatura si ha a San Remo, Bordighera, Ospedaletti e in mote altre località delle sue province di Imperia e di Savona. Anche Pegli, Nervi, Rapallo, S. Margherita e Portofino, sono celebrate per mitezza di clima, per limpidezza di cielo, per vastità di panorami incantevoli. Tutta la regione poi gode di un clima saluberrimo, d’una temperatura che solo raramente scende sotto zero, sebbene il suolo, nella sua maggior parte, é montuoso.

IL GRANDE PORTO COMMERCIALE.

“Un viaggio a Genova, l’arrivo nelle prime ore del mattino. Un’intera adolescenza risorge al primo tocco della memoria, a ogni contatto con i luoghi, con le antiche parole da cui si irradiano tremore e dolcezza - sulla soglia del tempo che sempre più si allunga alle nostre spalle. Tornano emozioni, fantasie di una sommersa Atlantide; lontane stagioni ravvolte da un velo notturno. Ogni parola non detta, ogni gesto più segreto si empie ora di amorosi significati, e per vie nascoste, labilissime. E’ un continuo esplorare di piazze, di carruggi e di   antichi portici che fiancheggiano la grande Piazza Caricamento. Ora, non é più la stessa di allora, non ci sono più i vecchi tranvai, che si diramavano per l’intera città. In mezzo alla Piazza, passa la nuova sopraelevata  che taglia in due la bella e vecchia Piazza Caricamento. Sul lato destro, sorge  il più grande porto commerciale del Mediterraneo. Sotto a questi antichi portici, una miriade di piccoli negozi, bancarelle, piccoli ristoranti e tanta gente di mare. Vicino al piccolo Bar Rosita, un gruppetto di uomini sono fermi a conversare: sono gente di colore. Più avanti, vicino ad una pila di cassette per il pesce, ci sono due cinesi che vendono le  cravatte. C’è un vigile che parla con loro un po' animatamente, chissà che cosa contesta loro, ma noi andiamo dritti per la nostra strada: andiamo al Bar, per sorbire un buon caffè. Si, perché, in quel Bar, quando ci fermavamo a Piazza Caricamento, tra un giro e l’altro di servizio negli ambienti portuali, andavamo sempre a prendere il caffè da Francesco (Baciccia, in genovese). Egli, oltre ad essere un nostro confidente, era una persona molto simpatica, allegra  e rispettosa. Ricordi del passato, che sono anche ricordi del presente.

 Vedendo tutta quella gente anziana, intellettuali, turisti come noi, portuali, ex nostromi, lupi di mare, vecchi pescatori, gente di ogni estrazione sociale che conversano, che parlano di molte cose del presente e dal passato, mi viene da pensare all’attività intellettuale, all’impegno etico, alla mobilitazione della fantasia. A questo punto, mi domando: sono dunque importanti per vivere meglio la vecchiaia? E si può addirittura pensare che siano anche  tra i fattori che prolungano la vita?

Sul primo punto, secondo il Prof. Carlo Vergani, non ci sono dubbi. Nel suo libro - intervista “ La nuova longevità” si insiste molto, infatti, sul concetto di “ vecchiaia prestigiosa”, che é appunto la vecchiaia di chi prosegue in pieno la propria attività, per lo più intellettuale. Quanto al secondo punto, può esserci del vero, ma Vergani tende ad assorbire l’ipotesi in una nozione più  vasta: si invecchia di più quando si invecchia meglio, e si invecchia meglio quando si é in una situazione “ buona”, sentita soggettivamente come tale. Leggiamo, che molti anziani ( nel 1998 circa un terzo degli ultra settantacinquenni) effermano senza alcuna esitazione di “stare bene” pur essendo in condizioni oggettivamente precarie, e questo perché “ si trovano bene”, perché sono in una situazione ambientale e affettiva favorevole. Non c’è dubbio, che a tutto questo, c’entra il fattore ambientale, il tenore di vita e soprattutto quello climatico. La Liguria, per esempio, dove noi oggi ci troviamo, é il luogo per eccellenza, che favorisce la longevità. Ecco, perché noi anziani preferiamo venire spesso in questa ridente Riviera Ligure, non solo per svernare, ma soprattutto per vivere in sintonia con la meravigliosa natura.

Lasciamo questi nostri pensieri, queste nostre riflessioni e ritorniamo alla nostra escursione nella città di Genova, detta la “Superba”.

“Così Genova é chiamata per la magnificenza dei suoi edifici e forse perché, guardandola dal mare, posta com’è a guisa d’immenso anfiteatro, ornata di verde fra le densissime abitazioni e di cupole, di campanili, di pinnacoli, essa appare veramente la dominatrice, la regina del golfo. La parola non é però completamente adatta, perché, trattandosi di una città, farebbe pensare non solo ai palazzi imponenti, ma a grandiose strade simmetriche, vastissime piazze, ad immensi giardini, ed ecco invece che in questo Genova si umilia... Noi, conosciamo benissimo questa meravigliosa città di mare, con i suoi monti che la circondano, per esserci vissuti  alcuni anni nel periodo adolescenziale prima e, per ragioni del nostro servizio istituzionale dopo. Parlando dei suoi monti che la circondano, diremo che essa ha preso d’assalto per spandervi la sua vita intensa, esuberante, scende in piccole innumerevoli vie e viuzze tortuose sino al mare, che é la sua attività, la sua ricchezza, per poi risalire con strade e piazze necessariamente piccole, utilizzando quel breve spazio in cui é costretta, indugiandosi a riprender lena in qualche ristretto giardino...

“C’è si la grandiosità, specialmente in Genova Nuova: e Piazza De Ferrari, il centro della città, la elegantissima Via Roma e Via Venti Settembre, dagli artistici e lussuosi portici, fiancheggiata da palazzi magnifici e quasi tutte le strade più o meno recenti che fan capo a Piazza Tommaseo e alla pittoresca Foce, con a monte la stazione ferroviaria di Brignole con gli antistanti giardini e la grande Piazza della Vittoria , fiancheggiata dai Palazzi di stile Novecento, fatti costruire dal regime fascista.

Potremmo continuare oltre, ma noi oggi non siamo venuti  qui a Genova, per  scrivere la sua storia: la storia della “ Superba”, e poi non  ne saremmo  all’altezza. Questo compito lo lasciamo agli storiografi.

L’ACQUARIO

Il grosso torpedone, dopo di aver scaricato gli amici Campitellesi sul grande piazzale del Ponte Spinola, dove sorge il nuovo e moderno acquario,  si é dileguato nei meandri della città, perché lì non é consentita la sosta ai grossi torpedoni.

L’Aquario di Genova: il più grande parco marino d’Europa, sorge nell’Area del Porto Antico, proprio di fronte a Piazza Caricamento, nell’area del Ponte Spinola, dove esistevano i Magazzini del Cotone. L’opera suggestiva, é stata realizzata non molti anni fa dall’architetto genovese Renzo Piano, uno degli architetti più innovativi e all’avanguardia   rispetto alla tradizione o al gusto comune. Egli non é nuovo a questi caratteri innovatori o rivoluzionari nel campo architettonico, infatti, dopo la realizzazione dell’Acquario di Genova, ha costruito in Giappone, il nuovo Aeroporto Internazionale, completamente sul mare, usando una tecnica rivoluzionaria nel suo genere. Attualmente, a Locorotondo, nella città di Padre Pio,  sta costruendo la Cattedrale più innovativa e rivoluzionaria che si possa immaginare e che nel suo interno possa contenere parecchi migliaia di fedeli, e per ultimo, in ordine di tempo, in questi giorni, sarà inaugurato in parte, il più grande Auditorio di Roma. Come ha annunciato alla Tv, il sindaco di Roma. Egli così si é espresso: “Per  superare ogni aspettativa, andare oltre  tutte le previsioni, giorno e notte, sono impiegati oltre mille, tra tecnici ed  operai, per permetterci, il 14 Aprile, di inaugurare una parte della meravigliosa opera che la Città di Roma, attende da molto tempo.

L’Acquario più straordinario d’Europa, negli anni precedenti, é stato motivo di una nostra visita con gli amici del CAI di Mantova. Oggi, con i nostri nuovi amici Campitellesi, ci siamo nuovamente ritornati per visitarlo più a fondo e con maggior calma. Abbiamo ammirato migliaia e migliaia di esemplari di creature marine: pesci, foche, pinguini, invertebrati e serpenti, provenienti di tutti i mari del mondo, dai più piccoli e colorati  ai giganti, come gli squali e i delfini.  Non sto qui ad elencarli uno per uno e razza per razza, ma vi posso assicurare che ci sono esemplari che non abbiamo mai ammirato nella nostra vita. I pesci che abbiamo  maggiormente ammirato, sono i  delfini e gli squali. Sui delfini abbiamo appreso tante cose, che prima non conoscevamo. Lo sai che i delfini parlano? Dai “click” al “ fischio firma”, a tutta una serie di “fischi” e “ scricchiolii” articolati i delfini hanno sviluppato un vero e proprio linguaggio. I “ click” sono suoni che i delfini emettono per localizzare le prede. Questi cetacei, infatti, sono dotati di un “biosonar” che consente loro di misurare la distanza della preda emettendo un suono e “ calcolando” quanto tempo impiega a tornare indietro...

E’ come un vero sonar dei sommergibili! Il “fischio firma” é invece un lungo sibilo, sempre uguale, che la madre ripete al cucciolo durante i primi giorni di vita e che permetterà così al proprio piccolo di riconoscerà ... Per sempre.

Mi spiegava la signorina  Marisa, la veterinaria addetta alla cura e all’alimentazione dei cetacei, “che il rapporto tra  mamma delfino e il suo cucciolo é molto simile per alcuni  aspetti a quello che lega mamma e figlio tra di noi, perché i delfini, come tutti i cetacei, sono mammiferi. La mamma dopo aver partorito il proprio cucciolo lo allatta per 6 mesi. Una volta cresciuto il cucciolo mangia pesce, ma la madre non gli fa mancare, ogni tanto, un po' di latte.... Così il piccolo delfino ha sempre pronta la merenda!”

“Sugli squali “mangiauomini?”  Da sempre  l’uomo caccia  lo squalo perché lo vede come un nemico, feroce e pericoloso; ma solo 4 specie di squalo su 400 possono essere considerate “ pericolose” per l’uomo: il famigerato squalo bianco, lo squalo tigre, lo squalo degli estuari e lo squalo pinna bianca oceanico, tutti molto rari nel Mediterraneo. In più, quasi tutti gli attacchi contro l’uomo sono avvenuti per sbaglio. Un esempio? Lo squalo, vedendo la sagoma di un uomo che nuota sdraiato su una tavola da surf, può confonderlo con una foca e attaccarlo.

Prima di adesso, abbiamo sempre saputo che lo squalo abbia sempre  un grande appetito. Non é così. “Quest’animale mangia solo tre volte alla settimana e, ogni volta, solo un chilo e mezzo di pesce! E’ come se tu, durante tutta la giornata, mangiassi solo una tazza di  latte e qualche biscotto.... E nient’altro! Il motivo per cui gli squali, nonostante mangiano così poco, arrivano a pesare più di 200 kg., é che hanno una digestione molto lenta della tua... Uno squalo bianco dovesse divorare una preda di grandi dimensioni, potrebbe addirittura non mangiare per un paio di mesi!”.

Siamo entrati nell’Acquario di Genova con tanti perché,  ne siamo usciti più ricchi e convinti che  la natura é veramente meravigliosa e che essa va rispettata e amata. Salvaguardare l’integrità di un habitat sia marino che terrestre, che é sempre più a rischio a causa d’interventi dell’uomo poco in armonia con l’equilibrio naturale.

Pensieri e ricordi .

 In questa bellissima città, dove un’intera giovinezza risorge al primo tocco della nostra memoria, a ogni contatto con i luoghi, con le antiche parole da cui si irradiano tremore e dolcezze. Percorrendo, a passo lento e riflessivo, i carruggi, le piazzette, le strade strette e caratteristiche di questa antica città marinara, con le sue case corrose dalla salsedine e annerite dal tempo, il chiacchiericcio sommesso delle persone nel loro caratteristico dialetto genovese. Mentre osservavi e udivi tutto questo, ti assaliva un palpito, una pulsazione del cuore, una forte emozione, un tremito. Si, é proprio così, eravamo veramente commossi. Quello era una condizione psicologica, uno stato d’animo di cui si prova un vivo sentimento per quei luoghi noti. Era un esplorare di orecchi  ben tesi, un ansioso rivelarsi. Tutto mi incide, tutto  fa ressa al cuore. Di quelle ore, di quei giorni, di quei anni di vaghezza e di verità sono forse il solo - a tanta distanza d’anni, nell’inameno presente - conoscere e a custodire il mistero di questa città. Perché di quel tempo febbrile non pare essere rimasto che qualche sparso e più diafano lume, non più che qualche fremito in sordina, di oro spento, tanto che adesso, dopo molti anni d’assenza, mi sembra la prima volta che transito su questi vetusti carruggi. Qui ogni parola riacquista peso e fervore, vibra del sangue, forse  di  un rimpianto di libertà e di gioie perdute, perché la gioventù di allora non c’è più, ma per fortuna, c’è la serenità o almeno ragionevolmente la pace con noi stessi.

Un giorno, non molto tempo fa, mi diceva un saggio e vecchio amico: “Caro Diego, la vecchiaia é un elogio del tempo ritrovato”.

Dopo la visita all’Acquario più bello dell’Europa, una breve passeggiata fra i monumenti e le strade più belle  della superba Genova e poi, dritti verso il “Kilt Espress Restaurant”,  che sorge in Via Brigata Bisagno, al nr.8,vicino ai meravigliosi giardini di Piazza Verdi, quasi di fronte alla Stazione Ferroviaria di Brignole. Dopo il pranzo, abbiamo percorso il centro della città, imboccando il Corso Europa, fino all’Autostrada - Genova - La Spezia, uscendo al Casello autostradale di Rapallo.

Rapallo ha origini antiche, che non é possibile precisare. Chiamata prima Tigullio, mutò poi il suo nome in quello attuale. Repubblica indipendente prima, si unì a Genova poi, nel 1229, e verso la Superba dimostrò fedeltà sincera e costante. Le prestò aiuto e aiuto ne ebbe nei momenti di pericolo. Ripetutamente distrutta, sempre risorse. Ebbe uomini illustri e uomini illustri ospitò tra le mura da cui ne era circondata e nelle quali si aprivano cinque porte. E’ ancora intatta quella delle Saline, così chiamata perché fuori di essa si procedeva all’estrazione del sale. Oltre le mura, furono mezzi di difesa varie fortezze munite, per l’accesso, di ponti levatoi.

Esposta a mezzogiorno, Rapallo ha in basso le carezze di un mare limpidissimo; in alto le cime dei monti che la separano dalla Fontanabuona, vallata ridente per le sue terre esuberanti di vegetazione e ricca per le sue miniere di ardesia; a levante confina con Zoagli, a ponente con Santa Margherita e con Camogli. E’ una città marinara molto bella e frequentatissima di turisti.

Da Rapallo, abbiamo raggiunto Santa Margherita Ligure, che é situata in una conca meravigliosa, tra il mare, il colle di Pagana, quello di San Lorenzo e il monte di Portofino. Oggi, anche se il cielo era un poco coperto, Santa Margherita brilla veramente sotto un cielo del più dell’azzurro come perla preziosa. Ma subito dopo il nostro arrivo, una leggera pioggerella di primavera, ci ha fatto aprire gli ombrelli. Le vie, le piazze e i giardini adornano gli edifici superbi, le palazzine numerose sono veri modelli di bellezza; boschi d’olivo e filari di vite completano il quadro.

Nulla si sa delle sue origini, essendo città antichissima. Le prime notizie, di cui é cenno in un documento scritto, risalgono al secolo dodicesimo. Divisa in due borgate, S. Margherita e Corte; divise le due borgate da lotte vivacissime; unico dapprima fu il ponte che resse le sorti dell’intera città. Nel 1797, appartenendo alla Repubblica Ligure, le due rivali ebbero ciascuna amministrazione propria. Ma pochi anni dopo, nel 1813, ad opera di Napoleone I, si ritrovarono unite in un solo comune e con un nome nuovo: Porto Napoleone. Rimase l’unione, ma non il nome. Nell’anno successivo, passata la città a far parte del Regno di Piemonte, riprese il suo nome di S. Margherita e più tardi nel 1863, quello definitivo di S. Margherita Ligure. Ampliandosi e migliorandosi senza tregua, la città  ha assunto un aspetto così delizioso da potersi dire più unico che raro.

Una folla di turisti durante l’inverno, di bagnanti durante l’estate, porta animazione e ricchezza nella città di cui la natura e gli uomini han fatto un vero angolo di paradiso.

COSTE SCOLPITE

Il  piccolo pulmino  - navetta, sul quale viaggiava la nostra comitiva ed altri  turisti,  procedeva sottovento in una baia meravigliosa, costeggiando la costa scolpita dal mare. Il continuo assalto delle onde ha creato sulla costa di Portofino fantastici castelli di pietra, mentre sui promontori svettano i cipressi, i pini e le ville signorile che sembrano navigare in un mare  verde di pini marittimi e di oliveti. Alla fine della piccola baia di Paraggi, dove incomincia il territorio di Portofino, sopra uno scoglio a strapiombo sul mare, sorge il  castello di Paraggi, oggi, é la residenza estiva del presidente Silvio Berlusconi. Abbiamo capito che era proprio quello il  castello del presidente, di cui la stampa  ne ha parlato tanto nel periodo elettorale, e poi, perché era presidiata  dalla scorta armata , capeggiata da un  ufficiale superiore, tre sottufficiali e alcuni militari dell’Arma, mentre nella baia di fronte alla villa - castello, stazionava una motovedetta dell’Arma. Si é capito subito, anche dalla presenza di alcuni giornalisti,  che all’interno vi era il presidente Silvio Berlusconi.

 

PORTOFINO.

Quando siamo giunti nel borgo marinaro, abbiamo visto che era invaso da una folla omogenea e di diversa estrazione sociale di turisti italiani e soprattutto stranieri, giunti con i vaporetti di linea e con il pulmino - navetta. Ci siamo tutti riversati nell’unica piazzetta, sul molo e nei vari Bar.  Ho subito compreso, che per molti di quei turisti, come pure dei nostri amici Campitellesi, era la prima volta che mettevano piede nel borgo meraviglioso di Portofino, luogo, generalmente, riservato ai vip del cinema e dell’alta finanza. Per noi non é stata una novità, perché in passato ci siamo stati altre volte, ma ogni volta che ci ritorniamo ci sembra sempre la prima volta.

Qualcuno, non ricordo chi fosse, ha così scritto di Portofino: “Portofino, é cielo, terra e mare confusi in un insieme di sublime bellezza e questi luoghi offrono a Portofino un incomparabile spettacolo. Giungendovi per la prima volta, si ha l’impressione di essere elevati in un mondo dove non regna che la poesia. Quasi senza avvedersene sale dal cuore alle labbra una parola che é ringraziamento e preghiera: ringraziamento al Divino Artista per la dolce profusione dei migliori tesori della Sua tavolozza, preghiera a Lui perché eterni nell’anima il ricordo della grandiosa visione”.

Portofino non é un’isola, ma una piccola baia attaccata alla terra ferma. Il paese é disposto a semicerchio, ha le carezze del mare ai suoi piedi, sopra  i tetti il sorriso delle fronde, che la terra del monte alimenta. Tra le fronde, per un tratto, qualche casa; poi la cima del monte esuberante di verde. Quando siamo giunti in quest’angolo di paradiso e di pace, scendeva una leggera pioggerella, mentre le stradine, i carruggi, la piazzetta e le case colorate e corrose dalla salsedine, erano lucide di pioggia, che rendevano il borgo antico maggiormente interessante.

Passeggiando sotto la pioggia, in compagnia dei nostri amici Giovanni, Anna Maria e Amedea, ci siamo fermati nel piccolo Bar  del Porto, per sorbire un ottimo caffè, poi abbiamo ripreso la nostra passeggiata esplorativa dei luoghi. Sulla rupe del piccolo molo, dove attraccano i battelli, Adriana mia moglie, mi ha fatto notare una piccola lapide ricordo dedicata al poeta francese Guy De Monpassant, che nel settembre del 1899 sostò qualche giorno con il suo veliero “ Bel Amì”, trovando pace nel suo spirito inquieto ed ispirazione al suo genio. Chissà, se nelle sue liriche, egli abbia immortalato questo luogo d’incanto e di poesia?  Noi non conosciamo le sue opere, ma siamo convinti che  quest’angolo di cielo, di terra e di mare, gli hanno perlomeno dato ispirazione, cioè prendere l’idea, lo spunto per un’opera poetica o letteraria.

Mentre eravamo fermi sul piccolo molo, vicino alla lapide del poeta francese Guy De Monpassant, Anna Maria, mi ha chiesto dove si trovava la villa della contessa Francesca Vacca Augusta. Si, guarda, é molto semplice Anna Maria, basta salire  lassù vicino alla chiesa, di fronte al Castello, in quel punto si affaccia la parete rocciosa strapiombante sul mare azzurro, mentre al culmine di essa, vi é la meravigliosa villa della contessa Francesca Vacca Augusta, perita, come tu sai, tragicamente l’anno scorso. La sua morte é ancora avvolta nel mistero. Per l’Autorità giudiziaria e gli investigatori del Ris dei Carabinieri di Parma , che hanno svolto accurate indagini, é stato stabilito che la sua morte é dovuta ad una  disgrazia. E’ stato stabilito inoltre, che la contessa sia scivolata inavvertitamente, andando a finire in mare. Il suo corpo fu rinvenuto in una insenatura della Costa Azzurra, in stato di avanzata decomposizione a centinaia di miglia di distanza. Ora riposa in quel piccolo cimitero sopra la scogliera, in quel luogo illuminato perennemente dal sole.

Sul conto della contessa, si é enfatizzato, scritto e parlato molto, sia sulla carta stampata quanto alla televisione. Era diventato un giallo internazionale, come sta succedendo oggi sulla morte del piccolo Samuele di Cogne.

Lo storico Eugenio Moraglia, così scrive di Portofino: “ Intorno alle sue origini, da noi tanto lontane, mistero. Si chiamò Porto Delfino un tempo, per l’abbondanza dei delfini che popolavano il suo mare; mutò poi il nome in quello attuale. Fu sotto il dominio romano prima, dei PP. Benedettini poi, della Repubblica di Genova a partire dal 1414. Teatro di guerre tra coloro che, attraverso i secoli, lottavano per non perdere  e per accrescere la propria potenza; subì in tempi più vicini a noi la dominazione dei Francesi, degli Inglesi, degli Spagnoli e degli Austriaci. Nel 1815 entrò a far parte del regno del Piemonte e Sardegna.

Tra le opere, rimaste a testimoniare l’asprezza degli avvenimenti del tempo trascorso, va ricordato il forte di S. Giorgio, situato su di un colle a difesa del golfo. Già esistente nel 1425, successivamente restaurato e reso più possente, in varie occasioni assolse egregiamente il compito suo, impedendo al nemico l’entrata nel paese ed evitandone il saccheggio e la distruzione. Le ultime armi vi furono collocate da Napoleone I quando nel 1800 unì la Liguria al suo Impero”.

Sopra la punta della penisoletta, che inoltrandosi in mare, chiude ad ovest l’incantevole distesa del Golfo Tiguglio, sorge il Faro, la cui luce porta ai naviganti il saluto della terra e degli uomini, che vegliano per essere loro di guida verso il porto amico e sicuro.

Nella parte opposta s’innalza il monte, fino a 610 metri, costituendo una magnifica difesa dai venti del nord, un vago punto di confine tra Portofino e Camogli.

Il porto, a cui fanno grazia cornice le case, non é vasto, ma in compenso é profondo tanto da poter offrire asilo anche a grosse navi. In primavera, quando forti soffiano i venti, quelle acque terse mostrano una ricca fauna pelagica e presentano l’insolito spettacolo di una vivida fosforescenza marina.

La chiesa parrocchiale, dedicata a S. Martino e S. Giorgio, é una delle migliori per  bellezza di forma e per ricchezza d’opere d’arte. Pregi particolari ha pure il Santuario di S. Giorgio Martire, in cui si conservano, racchiuse in urna marmorea, le Reliquie del Santo, raccolte in Terra Santa dai Portofinesi partecipanti alle Crociate.

La popolazione del Comune dedica la sua instancabile operosità all’industria alberghiera, all’agricoltura, alla pesca, alla navigazione.

L’arte dei pizzi al tombolo, qui più che altrove, ha le sue manifestazioni più intense e più perfette.

Nel tardo pomeriggio, quando abbiamo lasciato quest’angolo di pace e di serenità, il cielo  é rimasto ancora coperto da nuvole biancastre, anche se era cessato di piovere, il mare é rimasto calmissimo e le sue piccole onde si infrangevano contro gli scogli della costa.

 Dal finestrino del pulmino - navetta, che ci riportava a S. Margherita, osservando ,  il cielo e il mare, che all’orizzonte si fondevano in una sublime bellezza, offrendo  al paesaggio del golfo un incomparabile spettacolo. Quel meraviglioso spettacolo di luci e di colori, ci é rimasto impresso  negli occhi e nel cuore.

Passerà il tempo e del borgo marinaro rimarrà solo un sogno o una voce che giunge dell’infinito. Quando non si udranno più le sue parole a guidare il nostro cammino, allora anche noi diventeremo un sogno, il grande sogno del mare della vita.

Portofino.

Arrivederci  piccolo borgo marinaro antico,

Terra di olivi, di pini e dove germoglia il fico

E  sui rilievi il cipresso svettante.

Terra di amori segreti  di contesse e di amanti,

Gente avida di agiatezza  sprezzante.

Arrivederci rupi e scogli  specchianti,

Il verde  placido del tuo mare  e dei monti.

Arrivederci case antiche e  barche colorate,

Piccolo golfo delle fate.

Cielo, terra e mare confusi  fra le  'brezze,

Un insieme di sublime  bellezze.

Ti sente elevato sulle rocce bianche della falesia

E vedi che attorno a te regna l’umana  armonia,

La  gioia di vivere e la poesia.