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ESCURSIONE NELLA RIVIERA LIGURE DI LEVANTE

 

Domenica 14 Aprile 2002.

Dopo l’escursione sulla neve di quest’inverno, che ci vidi sulle più belle montagne innevate delle Alpi e delle Dolomiti, questa di oggi, é la prima escursione primaverile alla quale partecipiamo con gli amici del CAI di Mantova. Non c’era luogo migliore per incominciare la stagione primaverile escursionistica che le montagne della meravigliosa Liguria di Levante.

E’ appena trascorsa soltanto una settimana ed infatti, Domenica  7 aprile, eravamo qui, in questa ridente regione  con gli amici Campitellesi, con una gita organizzata dalla locale Ente Valle. Siamo stati a Genova, a visitare l’Acquario, poi  a Rapallo, S. Margherita e Portofino, località queste che confinano con Sestri Levante, dove abbiamo trascorso un’altra bellissima giornata  nella baia del Tiguglio.

 Quanto per iniziare, diremo che  la Riviera di Levante é pittorescamente bella,  ma meno nota, meno frequentata di quella di Ponente.  La Riviera di Levante, é compresa tutta nelle due province di Genova e La Spezia. E’ dotata di due strade, la vecchia Via Aurelia, che corre in parte  vicino al mare e in parte, per la configurazione frastagliata della costa, é costretta a spingersi entro terra, finché superate un buon numero di colline, giunge a  Genova.

La delineazione della costa é forse la maggior differenza caratteristica fra le due riviere. In questa di levante le colline piombano assai più scoscese al mare, sono più incavate da borri ed hanno più profonde insenature, per cui la linea ferroviaria da La Spezia a Genova importò ardui e stipendiosi lavori. Si contano oltre novanta gallerie fra le due città e il treno corre più sovente sotterra che sopra. Ma quale incanto!  Allorché sbuchi fuori da una galleria ti si presenta una fuggente visione: sono rocce aspre, dirupati precipizi, aridi ulivi o verdeggianti distese, pini chiomati e un mare di un azzurro scintillante, che in moto continuo ora lentamente si frange a riva ora si presenta in tutto il suo furore; e, su, in alto, un grazioso villaggio annidato fra il verde; poi..... Un fischio ed eccoti di bel nuovo al buio.

Noi, questa mattina, non abbiamo percorso la Via Aurelia, ma la moderna Autostrada La Spezia - Genova, che sovrasta tutti i paesi e le cittadine della costa. Per un momento, ti sembra di sorvolare la meravigliosa costa e di vederla come dal finestrino di un aereo. Peccato che il tempo non era splendido com’è al solito in questa Regione, infatti pioveva.  Quando siamo partiti, nella Valle Padana, c’era il sole ed il tempo prometteva bene. Appena giunti nei  contrafforti del Passo della Cisa, abbiamo trovato una masa di nuvole basse e biancastre, che non promettevano per nulla bene, infatti, subito dopo nel versante  di Pontremoli, incominciava a  cadere una pioggerella leggera e sottile.  Al casello Autostradale di Sestri Levante, il pesante pullman, sul quale la comitiva dei “ caini”, stava viaggiando, non ha  proseguito, causa il cattivo tempo,  per Riva Trigoso, frazione di Sestri Levante, dove la nostra escursione  avrebbe dovuto avere  inizio  su di un sentiero abbastanza ripido, che ci avrebbe portato  tra la macchia mediterranea: pini marittimi ed un ricco sottobosco di felci, ginestre e corbezzoli. L’escursione avrebbe avuto termine nell’abitato di Moneglia, attraversando caratteristici “ carruggi” della vecchia Liguria. 

 A questo punto,  gli organizzatori, hanno deciso di proseguire verso la cittadina di Lavagna, per visitare  nel suo entroterra  il Borgo antico di S. Salvatore, con la sua bellissima Basilica gotica del XIII secolo e, successivamente il Museo Minerario di Gambatesa.

 Sestri Levante

 Prima di parlare della cittadina turistica di Lavagna, ci vogliamo soffermare brevemente sulla città di Sestri Levante: E’ una cittadina specchiantesi nel mare ridente, sebbene oggi la rivediamo senza sole, perché coperta da nuvole biancastre, mentre  una minuta, fine e leggera pioggerella la rende maggiormente caratteristica e specchiante. Osserviamo, che é circondata da amene colline ricche di oliveti, di pascoli, di boschi, a cui fanno corona catene di monti dalle cime brulle, con un clima dolce e benefico, qui sorge, appunto, la cittadina di Sestri Levante la gemma del Golfo Tiguglio. La storia ci dice, che famosi poeti hanno cantato le sue bellezze, dal Petrarca a Byron. Questa cittadina é situata a metà strada tra La Spezia e Genova. Confina a ponente con Lavagna, a settentrione col preappennino ligure.

A Sestri Levante, non ci siamo neppure fermati, abbiamo proseguito il nostro viaggio sulla vecchia Aurelia, fino a Lavagna. Questa graziosa cittadina posta su di un piano lungo il mare, confina con i comuni di Cogorno  e più avanti con la città di Chiavari.

Da diversi anni Lavagna si é abbellita non poco e arricchita di alberghi che offrono quanto occorre per rendere tranquillo e lieto il soggiorno degli ospiti, assumendo così notevole importanza turistica, grazie pure alla bellezza della sua spiaggia, frequentatissima nella stagione estiva. E circondata da bellissime colline, ove germoglia l’ulivo e la vite, folti boschi di castagno sui fianchi del Capenardo.

Intorno alle origini di Lavagna navighiamo nel campo delle ipotesi. Lenti e difficili debbono essere stati i sui primi passi, anche a causa delle irruzioni e devastazioni compiute dai barbari, davanti ai quali unica via di salvezza era la fuga attraverso le gole dei monti. Ma il ricordo del pericolo e dei mali sofferti non costituiva un ostacolo tanto grave da impedire il ritorno. Scomparsa la tempesta, la popolazione ridiscendeva nella terra lambita dal mare, moltiplicando la propria attività, aumentando di numero  e di potenza.  L’invasione dei barbari, in quella lontana epoca storica, ha interessato non solo Lavagna, ma anche tutti i paesi delle coste della Liguria.

Lavagna che, secondo le supposizioni più attendibili, sarebbe sorta durante l'VIII secolo, poté così svilupparsi abbastanza rapidamente.

COGORNO.

Quasi alla fine di questa stupenda cittadina di mare, sulla sinistra della Via Aurelia,  una strada comunale  ci porta sulle colline che, a guisa di fronde rigogliose pendenti da robusto tronco, stanno avvinte al monte S. Giacomo e si susseguono da S. Giulia di Lavagna e dal monte Capenardo sino al torrente Grevaglia, si estende la maggior parte del Comune di Cogorno; l’altra, situata attorno alla Basilica di S. Salvatore, si adagia nel piano sulla sinistra dell’Entella lungo la carreggiabile Chiavari - Conscenti - Frisolino - Pian di Fieno ( m.700) nella Valle del Vera.

Si vuole che Cogorno esistesse in epoca molto lontana, precedente la fondazione di Roma. Le caverne rappresentano certo le prime abitazioni. Al Castello di Caloso, costruito in epoca successiva. Scavi seguiti ove sorgeva l’antico castello, misero a nudo scheletri di individui alti due metri, pare appartenessero ad uomini preistorici.

La chiesa nella posizione attuale esisteva già nel 1500. Nel 1626 - 27 fu eretto il campanile, il più alto e il più bello della zona. Più tardi, nel 1723 - 25 venne edificata la chiesa nuova.

Nel secolo dodicesimo il territorio divenne feudo dei signori Cogorno, discendenti dai Conti di Lavagna. Passato poi in dominio della Repubblica di Genova, scomparvero i segni della potenza degli antichi padroni.

Un tempo, come apprendiamo da un piccolo opuscolo, vi erano numerose e fiorenti cave d’ardesia. Oggi le cave sono quasi abbandonate. La popolazione cura l’agricoltura e in parte scende a portare la propria attività nei laboratori delle città vicine.

S. SALVATORE.

Degna di ricordo é la Basilica di S. Salvatore dei Fieschi, é attualmente la chiesa parrocchiale di una comunità cristiana che conta 3000 abitanti del Comune di Cogorno.

L’edificio é certamente tra quelli di maggior interesse storico ed artistico del Tigullio, ed ha il non comune pregio di essere perfettamente conservato e inserito in un ambiente coevo per cui possiamo parlare addirittura di complesso monumentale.

L’origine storica del borgo di S. Salvatore pare antichissima, secondo alcuni storici sarebbe da identificare con un insediamento romano indicato da Plinio, nella descrizione del litorale ligure. Tale sito, tra “Genua e Portus Delphini”, costituiva un porto, prima che le alluvioni dell’Entella riempissero tale insenatura naturale.

Nulla é rimasto del periodo romano, tranne le vestigia ormai scomparse di un’antica strada, che attraversava l’attuale sagrato della basilica.

Il monumento più insigne del borgo é la chiesa gentilizia dei Fieschi, detta S. Salvatore “ il nuovo”, risalente alla seconda metà del secolo XIII, a tre navate, che presenta una facciata semplice e rigorosa in pietra e marmo bianco, con ampio rosone, sempre in marmo; accanto ad essa si trova una seconda chiesa che fu parrocchiale, detta S. Salvatore “ il vecchio”, risalente alla prima metà del secolo XII, oggi auditorium, edificata sul finire del Seicento su una più  antica fondazione, antecedente il XIII secolo. Il palazzo dei Fieschi presenta una struttura facilmente riconoscibile al XIII secolo, quindi all’incirca coeva alla basilica.

Entrambe le chiese sono sorte nel periodo storico in cui il concetto agostiniano della città di Dio aveva fatto apparire la Chiesa come il vero “imperium Romanum” e aveva accreditato la teoria che al papato spettasse il potere assoluto sul mondo.

La storia ci dice che correvano dunque anni torbidi per l’Italia a cagione delle continue guerre tra Federico II e il Papa ed i genovesi, suoi alleati. S. Salvatore fu estraneo a questa lotta. Quale feudo dei Fieschi, rimase coinvolto nella triste vicenda dei non buoni rapporti tra Innocenzo IV, appartenente alla Famiglia dei Conti di Lavagna e Federico II: il Papa, infatti, durante il Concilio di Lione, aveva scomunicato l’imperatore rivendicante per se la supremazia temporale.

La vita della comunità  cristiana di S. Salvatore é legata strettamente alle vicende della nobile famiglia dei Fieschi. La loro origine é incerta: alcuni la fanno discendere dai Duchi di Borgogna e dai Principi di Baviera, altri li ritengono longobardi - per i nomi di alcuni componenti - altri ancora ritengono siano di origine ligure.

Anche sull’origine del nome della famiglia non si hanno opinioni concordanti: alcuni ritengono la parola di origine straniera, altri derivata da “ fisco”, forse perché qualche antenato era zelante esattore delle imposte governative. Mentre leggevamo queste note storiche con l’amico Fabio, appena usciti dalla meravigliosa basilica di S. Salvatore dei Fieschi, abbiamo commentato l’attuale momento politico del nostro Paese,  con la derivazione del nome della famiglia  dei Fieschi: guarda caso, la storia incomincia e finisce sempre con il “ fisco”.

 E’ stato qui che il nostro pullman si é fermato, per darci la possibilità di poter visitare questa meravigliosa Basilica ed il borgo medioevale, con le sue stradine e vicoli romani. Da questa  località, si possono ammirare, oltre che  preziosi esempi di arte medioevale,  uno splendido panorama di mare e di monti.

Uscendo dal piccolo centro storico,  inoltre, si possono ammirare piccoli giardini con molte variazioni di fiori e piante. Con Adriana mia moglie, Marisa e l’amico Fabio, ci siamo fermati, per ammirare delle bellissime piante di limoni e di cedri, che erano carichi di succosi frutti . Gli oliveti ed altre piante di frutta fiorite, fanno corona e cornice a quel meraviglioso borgo antico, che é stato da noi definito: borgo di pace e di serenità.

Il borgo di S. Salvatore, non é un semplice gruppo di case di sapore romano, affacciato verso il mare, ma una piccola oasi incontaminata in mezzo ad una natura lussureggiante ed é anche un luogo di meditazione.

CENTRO MINERARIO DI GAMBATESA.

Verso le ore 10,30 circa, abbiamo lasciato a malincuore questa felice località di S. Salvatore dei Fieschi, che sorge tra mare e monti, per raggiungere  il centro Minerario di Gambatesa. Dove c’è il trenino per tornare indietro nel tempo.

Partendo da S. Salvatore dei Fieschi, dopo 18 chilometri, percorrendo dapprima una strada Comunale e successivamente una strada bianca, quest’ultima incassata fra alte vallate e montagne strapiombanti, si raggiunge il complesso Minerario di Gambatesa.

Non é che queste montagne sono più belle o meno belle di quelle delle Dolomiti: sono montagne brulle e ripide nel primo impatto, ma sono caratteristiche perché  prosegui sempre in vallate strette.   E poi, ci sono i villaggi barbicati sui pendii, le case colorate, con le loro caratteristiche stradine strette, i vigneti, i campi coltivati e i boschi di castagne e di pino marittimo, che si differenziano da quelli delle Alpi.

Parlando  di montagne, ci viene in mente una citazione di Kipling, che ha affermato che chi va in montagna “ va verso sua madre”. Con questo a significare che la montagna é anche un luogo, per chi non lo sapesse, spirituale, un luogo, che, tra l’altro, consente di rigenerarci. Eppure nei suoi riguardi l’uomo ha dimostrato un atteggiamento che, pur mutando nel corso del tempo, ha generato una graduale ma costante metamorfosi della sua natura originale.

Se ci soffermiamo a riflettere, come facciamo spesso  sui sentieri che percorriamo, sull’attuale immagine della montagna, ci accorgiamo che non sempre siamo in grado di comprendere fino in fondo, in modo tangibile e trasparente, il reale valore e il significato. Ci si chiede se oggi essa sia la stessa descritta dai poeti e dagli scrittori dell’Ottocento e del primo Novecento, affascinati dal suo ambiente incontaminato, nonché il soggetto delle sublimi composizioni di musicisti quali ad esempio Ludwig Van Beethoven ( “ Sinfonia Pastorale”) o Richard Strauss ( “ Eine Alpensinfonie”).

Nel passato la montagna era anche alla base dei sentimenti di esaltazione, grazie alle imprese alpinistiche che, in qualche caso, si spingevano ai confini dell’impossibile, mentre noi andiamo a cercare i sentieri comodi e poco faticosi, ma noi non siamo veri alpini come lo furono loro, ma soltanto modesti camminatori e amanti della natura e del tempo libero.

Le richieste nei confronti di quest’ambiente, come scrive Giovanni di Vecchia , si sono fatte sempre più pressanti, allo scopo di soddisfare le crescenti  esigenze dell’individuo, ma spesso non  ci siamo resi conto di quale potesse essere l’impatto del continuo sfruttamento del suo territorio. Nonostante le apparenze, la montagna é ormai entrata a far parte di un ecosistema piuttosto fragile, in quanto anch’essa subisce, a tutte le latitudini e in ogni parte della terra, gli effetti prodotti dai cambiamenti climatici e da tutte quelle attività umane che in qualche modo danneggiano la natura: l’inquinamento atmosferico, la deforestazione, l’uso irrazionale del territorio e del turismo di massa, sia esso invernale che estivo, azioni che rendono sempre più difficile  il ripristino degli equilibri naturali di questi fenomeni presistenti”.

Attraversando quelle gole profonde, abbiamo potuto constatare che l’uomo ha violato in passato e lo sta facendo tutt’oggi, quelle regole naturali dell’ecosistema. Quelle montagne brulle, di tanto in tanto, abbiamo visto che presentano grosse ferite che danneggiano perennemente la madre natura. Parliamo delle numerose cave che si susseguono per tutta la vallata e gli impianti di frantumazione e raffinazione del materiale pietroso, nonché il lavaggio del minerale per l’estrazione del manganese.

Tutte queste attività dell’uomo, si sommano a quelle prodotte dalla natura stessa, con le piogge acide, le alluvioni ed altre forme di inquinamento per completare l’opera. Continuando di questo passo, é sempre più difficile il ripristino degli equilibri con questi fenomeni presistenti. Basta soltanto citare alcuni di questi fenomeni per capire quanto l’integrità dell’ambiente montano sia a rischio; pensiamo ad esempio all’arretramento costante dei ghiacciai, alla costruzione o all’ampliamento di rifugi e baite e alla cementificazione delle coste del nostro Paese.

Dopo  quasi due ore, siamo giunti alle Miniere di Gambatesa, che ancora oggi sono tra le più importanti miniere di manganese in Europa, sono inserite nell’aria del Parco Naturale dell’Aveto, e “confinano” con il Parco Naturale Regionale e la Riserva Marina di Portofino, con il Parco Nazionale delle Cinque Terre, e sono a pochi chilometri dall’Acquario di Genova. Dista solo 18 chilometri dal casello Autostradale di Lavagna ( A 12 - Genova - La Spezia). Sono uno dei primi e più importanti casi nazionali di esempio di Sviluppo Sostenibile, un moderno Museo Minerario realizzato all’interno di una miniera di manganese ancora in attività. L’obiettivo di questo progetto, come ci ha illustrato la guida minerario di Gambatesa, é rivolto al turismo scolastico, culturale, ambientale e naturale, é quello di fare delle Miniere di Gambatesa, le uniche in tal senso ancora attive, un “ Museo Vivo”, un “ Museo a Cielo Aperto”, basato sulle moderne metodologie della didattica museale. La visita é stata molto interessante: si effettua a bordo di un trenino che fa vivere la realtà dell’ambiente minerario e ella vita di miniera. Siamo entrati  nelle gallerie e abbiamo  percorso  per diversi chilometri, per circa  due ore, vivendo la stessa vita  come un “minatore” ; abbiamo visto e imparato i metodi di perforazione e di estrazione e il tipo di esplosivo adoperato.

Abbiamo saputo, inoltre, che le miniere di Gambatesa nascono nel 1877 quando il signor Augusto Fages richiese il permesso di ricerca per il minerale di manganese concesso un anno dopo dall’allora ministero dell’agricoltura e Commercio. Nel 1870 fu accordata al suo scopritore la concessione mineraria di Gambatesa divisa in tre siti: Gambatesa, Statale e Cassagna. La superficie della concessione rilasciata era di 379.77 ettari e il primo anno la produzione fu di circa 800 tonnellate: la miniera di Gambatesa ebbe in un primo tempo problemi di sfruttamento perché priva di infrastrutture stradali e il trasporto del minerale poteva avvenire soltanto a dorso di un mulo. Nel 1910 fu aperta e resa operante la strada, che da Conscenti porta a Frisolino, e quindi fu possibile iniziare uno sfruttamento intensivo delle coltivazioni di tutte le miniere. Nonostante la strada, i primi anni del ‘900 furono contrassegnati da una situazione difficile per il complesso minerario e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale aumentò le difficoltà. La miniera, nel suo complesso, fu poi rilevata nel 1918 dalla società Ferriere di Voltri e Cooperativa Cremonese dei Concimi, che introdusse l’uso del primo impianto di perforazione meccanica. Nello stesso periodo furono anche costruite delle teleferiche e degli impianti di frantumazione. La seconda guerra mondiale segnò un altro periodo di stasi per la miniera, che fu tuttavia occupata e controllata dalle truppe tedesche; in ogni modo la ripresa avverrà soltanto  dal 1948 in poi. Nel 1963 passa sotto il controllo dell’italsider che sfruttò sino al 1971 il giacimento, cercando nell’anno seguente di far dichiarare  esaurita la miniera per chiuderla e trasferire altrove i macchinari utilizzati. Il direttore della miniera si rifiuta di firmare la dichiarazione di esaurimento e dopo una serie di ricorsi giudiziari la miniera é acquisita dalla Sil. Ma, che fa capo ad un gruppo di minatori che intendono ancora sfruttare il minerale coltivabile.

Qualcuno si potrebbe domandarsi ,come del resto lo abbiamo fatto anche noi, ma che cos’è il manganese? Sfogliando il Dizionario De Agostini, alla lettera “m”, abbiamo trovato la risposta che cercavamo. Il manganese é un elemento chimico a numero atomico 25 e peso atomico 54,93. E’ un metallo discretamente abbondante ed assai diffuso, si ricava dai minerali: pirolusite, braunite, e bausmannite. Preparato solidamente in lega con ferro e silicio, viene usato come dissosidente e desolforante per alti forni, per acciai e leghe speciali. E’ un elemento necessario alla vita ed i suoi sali, in piccole quantità, non sono tossici.

La geologia, scienza che si occupa della costituzione della Terra, cioè dei processi che hanno determinato la formazione, la struttura e la distribuzione delle rocce sulla sua superficie nel corso delle varie epoche, ci dice che   circa settanta milioni di anni fa, la Regione Liguria emerse dai flutti di un profondo mare sotto forma di un fantastico paesaggio chiazzato di scuro e di verde. In seguito alla compressione e alla forte spinta dei continenti si sono  innalzati ed emersero le colline e le montagne, ed in seguito a tale   stravolgimento  si sono formati all’interno delle montagne  i giacimenti  minerari. Nella Regione Liguria, si sono formati i giacimenti minerari del  manganese che noi oggi, nel cuore della terra abbiamo ammirato e toccato con le mani, vivendo, sia pure per poche ore, l’atmosfera e la realtà dell’ambiente minerario e della vita di miniera.

Anche se non abbiamo potuto, a causa della pioggia, effettuare la nostra passeggiata sulle montagne della Costa di Levante, partendo da Riva Trigoso e percorrendo tutta la dorsale fino a Moneglia, abbiamo trascorso una giornata altrettanto bella e molto interessante, visitando  per primo la Basilica detta S. Salvatore dei Fieschi e successivamente il Museo Minerario di Gambatesa.

In queste nostre escursioni, c’è sempre da imparare qualcosa, acquisire cognizioni nuove sia nel campo dell’arte, quanto e soprattutto. dalla madre natura. Noi oggi, abbiamo fatto una esperienza nuova: siamo entrati nelle visceri della Terra. A bordo  di un piccolo  trenino, ci ha fatto rivivere l’atmosfera e la realtà dell’ambiente minerario e della vita di miniera. E’ proprio vero, non si é mai finito di imperare e di apprendere le cognizione del passato e del presente, di quel complesso di conoscenze acquisite con lo studio, con la pratica, con l’esperienza, come le cognizioni scientifiche e letterarie.

Per noi, la scoperta di questo mondo sepolto, che la natura ha creato in milioni e milioni di anni, é stata una rivelazione di segreti, di nozioni e di emozioni, come il manifestarsi diretto della divinità all’uomo.

Il divino Dante, nel canto XXVI al nr. 118,  dell’Inferno, ci parla dell’incontro  con Ulisse, il quale racconta a Virgilio la sua felice navigazione e la morte.  Questi versi, ci stanno ad indicare la dignità della natura umana:

                            “Considerate la vostra semenza:

                            Fatti non foste a vivere come bruti,

                             Ma per seguir virtute e conoscenza”. (cant.XXVI)