SABATO 30 AGOSTO 2003

                                      

DA " LA REPUBBLICA" pagina culturale

 

FOLLIA E AMORE

NON SIAMO PADRONI DI DIRE "TI AMO"

Se io ti dò il mio amore, che cosa ti sto dando di preciso? Si domanda lo psicanalista americano Stephen Mitchel, nel suo ultimo libro: "L'amore puo' durare?".

La domanda non è retorica, segna piuttosto un ribaltamento radicale circa il modo di considerare l'amore, quasi sempre pensato come qualcosa in possesso dell'io, qualcosa di cui l'io puo' disporre.

 Ma secondo questo teorico,  l'amore non è una faccenda dell'io, (anche Freud aveva detto:"l'io non è padrone in casa propria") sono le forze interiori che determinano quelle che l'io considera "sue scelte".

Per Schopenhauer, in ciascuno di noi confliggono due vite: quella della specie e quella dell'individuo, il soggetto è soltanto la volontà di vivere. Non siamo noi i soggetti delle nostre esperienze sentimentali ma forze oscure ed impersonali con cui la specie raggiunge i suoi scopi.

L'amore non è qualcosa di cui l'io dispone, ma è qualcosa che dispone dell'io.

 Secondo Socrate, l'amore non è tanto un rapporto con l'altro, quanto una relazione con l'altra parte di noi stessi; l'amore ha a che fare con  quei limiti ontologici che sono per l'esistenza, la nascita e la morte.Morte dell'io per dissoluzione dei suoi confini, sua rinascita in altre configurazioni. Questa oscillazione che ogni atto d'amore porta con sè, ha bisogno della presenza dell'altro che ci concede di perderci e di riprenderci.

Assistendo al cedimento del nostro io, con la sua presenza, l'altro aiuta la nostra "nascita".

Che cosa si dà esattamente quando si dona il proprio cuore all'altro? Quello che si vede e si dice è solo la superficie......

 

        Noi quando amiamo abbiamo solo questo da offrire:

lasciarci;

 perché trattenerci è facile,

e non è arte da imparare.

(R.M. Rilke Requiem)

 

 

Come potrei trattenerla in me,

la mia anima, che la tua non sfiori;

come levarla, oltre te, ad altre cose?

Ah, potessi nasconderla in un angolo

perduto nella tenebra, un estraneo

rifugio silenzioso che non seguiti

a vibrare se vibri il tuo profondo.

Ma tutto quello che ci tocca, te

e me, insieme ci prende come un arco

che da due corde un suono solo rende.

Su qual strumento siamo tesi, e quale

violinista ci tiene nella mano?

O dolce canto.

 

(R.M.Rilke Canto d’amore)