LE POESIE 

DEL 

GABBIANO  

 

                                           il Gabbiano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scorcio panoramico del lago d’Iseo

 

 IL BORGO DEL FILATOIO

E’ un villaggio di nuova

Costruzione

Con i suoi sentieri

Che seguono la collina

Strapiombante

Le ginestre fiorite che inebriano

Con il suo intenso profumo

E poi c’è la spettacolare vista

Del Lago di Lovere

Che ti rapisce

 E ti riempi il cuore

Per la sua meravigliosa bellezza

Una sosta nella Piazzetta

Da dove si ammirano

Le montagne con i suoi

 Vasti orizzonti

 I fiori di campo

Hanno nei petali

Il respiro

Dell’acqua che scorre

Nel ruscello

Nel cuore del villaggio

 La luce del sole

Che morbi da l’accoglie

Ne seguono le verdi

Colline

E la catena montagnosa

Con le sue alte cime

Che si perdono all’orizzonte

L’erba del prato dei giardini

Ondeggia nel verde

Della collina

Il lago di Lovere

Con il suo lungo Lago

E le sue caratteristiche

Stradine e case colorate

Di pastello

Con le sue placide acque

E i gabbiani che sorvolano  

Il cielo e il lago

Gocce di pioggia

O di rugia da

Cadono alla fine della

Giornata

Come melodia

Scivola sui colori

Scivola sulla pelle

Lieve come i pensieri.

 

COMMENTI DEI LETTORI:           http://www.poetare.it/commenti.html

Il Gabbiano -Il borgo del filatoio-  Ed ancora un grazie per queste descrizioni di scorci della bellissima Italia. Non farcele mancare.(P.Colonna Romano)

Continua la tua straordinaria, meritoria opera di divulgazione di luoghi incantati. Grazie(L.Poggi)

La Valle dei ciliegi.


I primi raggi del sole
Illuminavano le colline di Vignola
La collina dei ciliegi questa mattina,
Era chiara, serena e a noi vicina,
Dove regnava il silenzio,
Ma il silenzio dei luoghi
E' come l'infinito spazio
Siderale senza suono e senza
dimensione.
Oggi non è primavera con i
Ciliegi in fiore,
Ma avanza l'autunno
Cangiante di colore,
Che porta una certa tristezza
Al cuore.
Ma anche l'autunno è come la
Primavera.
Quando a sera
Il sole illumina la collina dei ciliegi
E dei castagni.
E' tutto come le rime dei poeti
E la tavolozza dei pittori
Con le tinte calde dell'amore
Che sprigionano dal cuore
I sospiri degli innamorati.
Oggi siamo stati fortunati
Di vivere e gioire sulle colline
Del mistero,
Ma c'è riscatto in una voce amica
Che proviene dall'impervio sentiero.
Dove volteggia lo sparviero.
Ma il Silenzio è infinità
In se non ha volto

 

COMMENTO

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"......ma il silenzio è infinità..in sè non ha volto" conclude Il gabbiano in atmosfera di pace e bellezza.Ci voleva .Grazie

 

 

   La Voce del fiume

 


Nulla di più romantico
Che l’armonia di queste rocce,
Di queste acque verdi e ombre
Di porpora,
Del cielo comparabile
Al mare omerico
E di questo vento
Che parla con la voce
Della divinità morta,
Ma io sono creato per agire
Per vivere e non morire
Per cui nessun altro è creato.
Dai tempi primordiali
Io occupo un posto mio
Nei consigli di Dio,
Un posto che nessun altro
Occupa come il mio.
Poco importa che le mie acque
Sono chiare o verdi
Disprezzato o stimato per gli eventi naturali.
Dio che mi ha creato mi chiama per nome
Egli mi ha affidato un compito importante
Che non ha affidato a nessun altro
Quello di scorrere in eterno
Per portare la sorella acqua
In ogni parte del creato.
In quella terra arsa che egli ha pregato
Prima di essere alla croce
Inchiodato.
Ho la mia missione
In qualche modo sono necessario
Ai suoi intenti
Ha portare conforto alle genti
Egli non ha creato me inutilmente.
Io farò del bene a milioni di gente
Sarò un angelo di pace
Un portatore di vita e felicità
E continuo a scorrere in quel luogo che mi ha assegnato.
Fra queste montagne a cono rovesciato.
Anche senza che io lo sappia
Io devo eseguire soltanto i suoi comandamenti
E non importa se l’acqua che scorre
Fra i sassi é chiara o verde
Basta che disseti tantissima gente
Qui tutto è così romantico,
E’ come un’eterna poesia
Che scorrere fra questi sassi,
Fra queste rocce ed abissi
Dove il suo fruscio crea tanta
Pace, armonia e musicalità
E perché no! Tanta felicità e allegria
Dove gli uccelli recitano
Ogni giorno la loro eterna poesia.
Della vita.
Ma la luce che ci accompagna fa capolino
E si specchia fin dalle prime ore del mattino.
Fra i sassi e l’acqua cheta
E ha bisogno solo d’amore,
Di un grande infinito amore,
Per non spegnersi
Perché la vita è come
La luce e l’acqua di questo fiume.

 

Istanbul


Il Gabbiano, con le sue grandi ali,
Ha spiccato il volo
Alla scoperta di terre lontane.
Siam partiti da Venezia bella
Con le sue lagune specchianti
Che è il paradiso degli amanti.
La nostra meta?
Era proprio la via della seta.
Che nei tempi remoti
Percorse il grande navigatore
Marco Polo
Terre di bellezza che danno sensazioni
Descritte sapientemente nel libro
Il “ Milione”
Ma prima di scoprire quelle bellezze
Il “Gabbiano” si è posato sulle rive
Della Marmara e del Corno d’Oro
Per ammirare le bellezze artistiche e naturali.
Di quella città del passato
Che il mondo Bizantino e Romani anno colonizzato
Una miriadi di moschee e minareti
Bucano il cielo con i suoi segreti.
Santa Sofia è d’un’eleganza suprema
In questo principio di primavera
Il sole d’occidente alla fine della giornata.
Illumina la Torre di Galata
Dei genovesi con la sua bellezza e i suoi segreti,
Specchiandosi nel Bosforo e il Corno d’Oro.
Per far risaltare quel meraviglioso tesoro.
Un piede in Asia e l’altro in Europa
Dove vive tanta gente a cavallo di due continenti.
Il Bosforo riunisce il Mar Nero,
Il Mar di Marmara ed il
Corno d’Oro
Oggi è come ieri
Come nel tempo dei Sultani e dei Cavalieri.
Siamo tutti ad ascoltare la musica
Intrigata d’oriente.
Veli vaporose avvolgono
Le danzatrici come farfalle colorate e
Le odalische nella danza
Dei setti veli.

 

 

L’Aspromonte


L’Autunno in Aspromonte.
Sto aggrappato
ad un ramo del vecchio castagno.
Dalle foglie
Autunnali e caduche
E con la memoria cerco.
Di rievocare la sanguinosa battaglia
In quest’immensa pianura insanguinata,
Sognando una primavera
Gravida di grandi promesse .
Lo sguardo al cielo
Con la preghiera
Di non cadere troppo forte
E il colore delle foglie
Che muta inesorabilmente
Al giallo e al rosso .
Del passar dell'estate
Non mi sono
Neanche accorto,
E fra poco,
Sarà inverno che copre.
Ogni traccia del passato
In quella terra che ho tanto amato
I miei ricordi sfumano
Come la nebbia ai raggi del sole
Ma rimane a ricordo un semplice
Cippo d’onore
Circondato dal velluto dei boschi
Il sole che apre le ombre
Alla notte che ti ha lasciato
Con i ricordi del passato.

 


Il forte Verber
Di Monte Rovere



Là, in fondo alla pineta nera,
Crepitava una mitragliera,
Il piccolo forte bombardato
Dagli obici al calar della sera.
Non sventola più sul pennone
La bandiera straniera
Si ode uno squillo di tromba,
Il trombettiere annuncia l’avanzata,
La pugna è greve,
Come pure il rumore della accozzaglia,
Incerte le sorti,
O la vita o la morte.
I fanti piumati son all’attacco:
Sono avvolti nell’anfratto
Dall’odore agro della battaglia
Alla fine della giornata
Il nemico è in ritirata.
E’ sera, il fante depone il fucile
Nella rastrelliera,
Dopo la battaglia,
Il dolce canto di una capinera.
Sul pennone del vecchio fortino,
Risale la nostra bandiera.
La sera cala silenziosa tra i monti
I boschi d’abeti diventano neri
E cambiano anch’essi colore,
Quasi per preparare una stupenda
Cornice all’Alpe che sta raccogliendo
L’ultimo bacio del sole.
Oggi fioriscono i papaveri
Intorno al forte
E gli operatori sono tutti morti
Erano vivi, sentivano l’alba
Vedevano il fulgore del tramonto
Amavano ed erano amati
Ed ora son distesi
Nei piccoli cimiteri in mezzo ai boschi
A voi la fiaccola di levarla in alto
Se romperete il patto con noi moriamo due volte.
E non nasceranno più i papaveri
A torno al forte

 

 

Le rondini


Le ultime luci del giorno
Che sfumano all’orizzonte.
Tra cielo terra e fiume.
E’ una rondine, è arrivata una rondinella,
E’ venuta a fare una scappatella
In quest’angolo di terra rossa e bella
Vola tra tetti e sull’acqua dell’Armella
Al crepitio dell’antica novella.
Sono venuta da molto lontano
Dai paesi arsi e bruciati dal sole
Per trovare la pace e l’amore,
Perché domani c’è un temporale
Qui nel fiume volo veloce
Tra le canne e i pioppi e i ragazzi
Mi fan la croce:
Mi butto nell’acqua, sopra vi guizzo
Che è sempre festa, e faccio lo sghiribizzo.
Qui a sera quando cala il silenzio
Ovattato dai monti, le boschine diventano neri.
L’aria ed il cielo cambiano colore
Questo è il tempo degli amori.
La capretta bruca il foraggio
E guarda il cielo, perché fra non molto
Dopo aprile arriva maggio.
Nelle ultime luci della sera fra le acque e i colli.
Voci si sentono di versi molli.
Che portano in giro le rondinelle
Dove svolazzano i cardellini,
Le cince e gli stornelli.
Colme le tazze di folli vini.
E il profumo dei vigneti e dei giardini.
Questa è la nostra terra
Nella pace e nella guerra
Con i colori profumati dei campi
I papaveri rossi e colorati
Con le farfalle sopra appollaiate
Che fan bella la vita
Di tutti gli innamorati
Lungo il sentiero
Del fiume a cercar le carezze
E i sospirati baci.

 

 

 

Ricordi che non sfioriranno


Era settembre in un giorno feriale
Giorno felice
Di stagion finale.
Il tempo sembra che si sia fermato,
Eppure son passati cinquanta anni,
Al ballo dei canottieri ci sì siam trovati.
Ma sembra proprio che sia successo ieri
Perché fino ad oggi nulla è cambiato
Il fiume galeotto con le sue luci
Abbaglianti e colorate
Giardino di viole
Ho cercato e ho trovato l’amore
Quell’amore sincero,
Quell’amore che non ha confini,
Quell’amore di ieri
Che è durato felicemente nel tempo.
La luna inondava quel sentiero di viole
Mentre ascoltavamo il mormorio del vento
E il fluire placido e lento
Del fiume colorato,
Con passione ti ho baciato.
Musica arcana nella notte scura
Avvolse di mistero i due
Giovani innamorati
Ed io ho gioito di questa promessa notturna.
E’ stata troppo simile ad un lampo
D’autunno che è ancora acceso.
Questo germoglio d’amore, al fecondo alito d’estate.
E’ stato uno splendido fiore
Che dura nel tempo

 


Il Colorado


Immense praterie bruciate dal sole
Cime alte e colorate
Come coni di gelato
Dove si ammirano grandi orizzonti
Cieli azzurri e montagne alte e rotonde
In quella terra bruciata dal sole dove
Vivono in simbiosi aquile, indiani e bisonti
Al cospetto della loro terra, dei loro monti
Meravigliose cascate, il Gran Canyon con le
Sue cime superbe e invidiate
Laghi abbaglianti
Laghi bianchi e salati
Che invitano ad esplorare
Quel in vivibile e antico mare
Di sale
Senza l’onda
Con 57 gradi all’ombra.
Una cosa il dirla perché si sa;
Un’altra il dirla perché si fa.
La prima è l’imbuto di un torrido,
Una fiasca è l’altra
Che tiene fresca l’acqua
E la rinserra.
Questa è l’antica terra che rifiuta la guerra
Senza tutta la carta straccia
Che critica e scarta,
Così come la prosa,
Infedele sua sposa.
La poesia è la terra
Senza la melma e senza
La carta che critica e scarta,
Così come la prosa,
Infedele sua sposa.
La poesia è la terra,
La madre terra che dà quello che ha
E far male mai non sa.
Non si mette il cappello, perché è
Nata nel fiore che nel sole cerca l’amore.
Galoppa solitario nella prateria senza meta.
Il Navajo con la penna bianca
Con il suo destriero baio,
Per cercar l’acqua cheta
Quella è la sua terra
Odorosa e bella.

 

La polla


Un lembo di cielo avvolge
La polla sulla montagna
benedetta.
Oh bello ancor che la natura
Al suo dono si presta:
Il mughetto il fior dei peschi
E l’erba tutta e tanta sparsa
Nei bordi della foresta,
E il vento e la pioggia le nubi vaporosi e bassi.
A levigare i bianchi e puntiti
Dalla montagna i sassi.
Sale ripido il sentiero.
Sembra che sian saliti ieri,
Su per la montagna benedetta.
Ecco la polla, è qui sotto di noi,
Sgorga in un luogo freso,
Antico, e misterioso. L’acqua!
Un miracolo della vita,
Un elemento che non cesserà
Di meravigliare chi l’ammira.
Ma, le nuvole basse,
Sono gonfie e sono biancastre
Che vanno a riposarsi dentro,
Come pure la pioggia e il vento
Su tra le mani i nostri pensieri,
Sono gli stessi di ieri
Nei rifugi e nelle spelonche,
A riposar le nostre stanche membra!
Tu plasmi sulle tele,
E tu sull’ara per la tua preghiera
E tu col canto e la bella armonia,
Tu del verso lo spirito che s’eterna,
Non trovate il solo diletto
All’estroso scandir di voci amiche
Oh, piuttosto portate insieme
Nuovi i colori della pace bella,
Lottate contro l’atroce guerra.
La fiamma portate nel fuoco del sole
Dove regna la pace e il silenzio,
Che altro non è che un
Lembo di cielo che scende verso l’uomo.
Viene dalle grandi montagne e marine
Senza risucchi della luna fredda.
Dove regna il grande amore per la vita e
Dove Dio riposa in noi.

 

 

 

Aprile


Sulle montagne provenzale,
In questa nicchia ecologica
Fioriscono le lavande profumate
Le rose e le mimose.
E il folletto se ne va per la montagna
Sulle sue pupille porta l’amore
come
L’azzurro porta il cielo.
E intanto che sgroppa dal monte
La valanga
E che s’imperla il ghiaccio
Di gocce, di mille gocce
Che fanno i fiotti
E poi i torrenti
Via tra sbalzi
E un fluir
Di strani scrosci,
Tornando ognora più limpide
Al gioco tra il sasso
Sulla lucente vernice
Della primavera,
Quando gli versa
Il pianto del monte
Che dà più smania
Alla ninfa della valle.
Corsa intrepida io sono:

Ti apro il ciel
Al pianto
Delle stelle;
Il cielo ti sospendo al fiore.
All’acqua fino in fondo,
Al pane che rompi in mano,
All’occhio che vede più lontano.
E intanto che par che tu dorma,
Or sento che ora della veglia)
Faccio che il gallo
Empia d’orgoglio
Il suo canto.
Or già sì presto
Pur tu mi vai cercando?
Statua più bella giammai non sei:
Via sui piedi i ginocchi e gli omeri,
Arcuando le braccia,
Più in alto le mani,
Le dita più in ancor.
Ma pur la mia sorgente
È più grossa il mattino:
Ti riempio la tua brocca;
Al più piccino intanto
Affonda la culla
Che sia più morbida,
Mentre il Verdon
S’ingrossa e nella montagna rovesciata che.
Sempre più sprofonda.

 

 

Sulle rive del Po


C’era una favola vera
In principio della primavera,
Quando fioriscono le viole e
Nascono i primi amori.
Vecchia canzone d’amore
Sempre viva, sentita su le
Cime dei pioppi alti su le
Verdi golene del grande e
Vecchio fiume Po.
Oh vaga riva benedetta,
Quanti ricordi mi ridesti in cuore!
Vicino a te si rivelò l’amore
Di una bella ragazza tanto carina,
Dolce e sbarazzina.
L’azzurro attorno, sulle are in fiore,
Ma il cuore mio pulsava violento in petto
Quando le parlai con intenso ardore.
Me la strinsi fra le braccia al petto
La bocca baciai, essa si tacque.
Quando l’anima aprii tutto ansante.

Tu ne udisti i sospiri, quel che nacque
Mentre un raggio di sole giocava con le acque.
O vago Po,che in quel istante
Si confuse con il mormorio dell’acque
Serene ch’io corsi sognando
Nella dolcezza delle notti estive
Acque che vi allargate fra le rive
Come un occhio stupito, a quando, a quando
O! nostalgiche acque di sorgiva
Acque piemontesi e lombarde.

 

 

 

La primavera


L'arcobaleno colorato
Abbraccia il fiume e la terra,
Mentre il cielo si specchia
Sulle acque limacciose del vecchio fiume.
Scivola lentamente la vela bianca
E l'onda s'infrange contro la chiglia
Del vecchio veliero.
Sì ! E' arrivata la primavera
Con la viola, tenera e profumata
Con le punte ad imperlar dolce la mano
Che trepida del bambino gioioso,
Che ognun fa più festa
Come il gorgogliar
Più via si estolle
Degli uccelli, al ritorno,
Nel seno delle erbe più folte
E dei rami negli intrichi,
Velati dall'ombra.
Delle coltri più fitte
Delle foglie innumeri,
E di mille gocce pinte
Che l'ombra di sotto
Il vento muove più fresca.
Nell'arco di un giro
Che si ricompie,
Al flusso che innalza
Dall'acqua che al ciel ritorna,
Per che il sol s'imbarchi
Sì che l'onda non si sa
Se umor più senta
O di calore di primavera.


   

 

Polvere di stelle


Cappa di nero cristallo
Ricolma di fulgide gemme
Il cielo.
Mentre dal camino del rifugio continua
Ad uscire un fil di fumo grigio che si disperde
Nella notte sulla montagna incantata!
Innumerevoli occhi
Cui vibrano ciglia infuocate
Ci sussurrano – fissi – dall’alto.
Forse, attraverso il loro palpito
È Dio che ci guarda.
Nel buio della notte trascorre un messaggio.
Di pace per questo pianeta
Remoto, sperduto ai margini
D’una fiumana di luce.
Fra tanti mondi corruschi
Di cui la divina potenza
Lo spazio cosparse, infinito,
Quest’atomo opaco fu oggetto
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Di predilezione ed attrasse
Il verbo incarnato, onde l’uomo
Di Dio poté dirsi fratello.
Se il male come onda di limo
Minaccia; se l’odio, serpente
Nascosto, i cuori avvelena;
La speme non muore. Desio
Di pura bellezza, d’amore,
Rinasce nell’animo al mite
Bagliore degli astri. Esse sono lampade
Accese dal vigile cuore
Di un Padre che i figli lontani
Attende sereno ed eterno.
Mentre la pallida luna
Continua at attraversare l’universo
Con il suo messaggio di pace.

 

Il Gabbiano

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San Fruttuoso foto acquerellata  di Diego

 

 

CAMOGLI E SAN FRUTTUOSO

Scivola lentamente

Il bianco veliero

Sulle insenature di San Fruttuoso

Dove si trova il Dio degli Abissi

Alla ricerca dell’azzurro mare

Del Tigullio.

Qui regna pace e armonia

In un angolo quasi sperduto

Del mondo

Di fronte a noi sorge il vetusto

Convento dei Benedettini

Nascosto da una folta vegetazione

Degli uliveti

E della macchia mediterranea.

E’ un paradiso terreste

Alla ricerca della solitudine

E della meditazione.

E’ un luogo solitario

Dove la montagna verde incontra il mare

Le colline spioventi si tuffano

Nelle profonde acque color smeraldo

Dove s’incontrano le coste frastagliate

E le bianche insenature mi sembravano

Una chimera

Le torri e le case colo pastello

Si crogiolavano

 Agli ultimi raggi del sole d’agosto

Ovunque colori profumi di ginestre

E suggestioni

Dove oltre alla preghiera

Sboccia anche l’ amore

Squarci di cielo blu

Incontrano quell’angolo sereno

Di quel paradiso colorato

Seguivano quella lunga scia bianca del veliero.

Uno stormo di bianchi gabbiani

Gracchianti

Lo spicchio di mare del golfo

Quel mattino era chiaro e silenzioso

Sentivi soltanto il muggito prolungato del mare.

Che altro non è che un prezioso gioiello

Una coppia di subacquei

Con la loro muta nera

S’immergevano nei fondali

Per portare un fascio di fiori al Dio degli abissi.

Una striscia colorata e azzurra

Aveva colorato il cielo

Di una luce nuova

Onde vibranti s’increspavano

E si allontanavano

Si rincorrevano

Veloci fra i bianchi scogli

Sulla spighetta tanti gioiosi bambini

Si rincorrevano

E poi si rotolavano fra la poca sabbia dorata.

Mentre i miei pensieri vagavano lontano,

Sulle onde di quel mare azzurro

E cercavo di rievocare i giorni felici del verde età.

E della perduta fanciullezza.

Ogni volta che ritorno nel Tigullio

E fra il Golfo di Portofino colorata.

Oggi ammiro i flutti che lambiscono

Questi luoghi incantati

Ma anche sfortunati

Che videro la bellissima contessa

Di bianco vestita

Cullarsi fra le onde addormentata

 Quel ricordo mi conduce per mano

Né tempo

E mi fa ritrovare la fanciullezza amica.

Il passato è la memoria

Quella memoria che cerchiamo di ricordare

 Sulle sponde di questo spumeggiante mare,


Perché ci aiuta a vivere il nostro presente.


Fatto di tutto e forse anche di niente.


Ma che passa e vola via


Come il volo di un bianco gabbiano,


Che scopre la bellezza di librarsi nel cielo infinito.

Il Gabbiano.

 

 

 

 

 

 

 

         

 

 

 

Il Camino acceso  

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Sono seduto

Davanti al caminetto acceso

Dell’Hotel Sol Don Pedro

Di Torremolinos ( Spagna)

E sto pensando

Alla mia fanciullezza

Quando nelle lunghe sere

 Fredde d’inverno

Mentre il vento fischiava

E la neve si ammucchiava

Davanti alla porta e  sui davanzali

La famiglia era riunita

Davanti al grande focolare

Acceso

 E la zia Cristina

Con grande maestria

Ci raccontava le favole di Natale

Mentre sulla brace si

Arrostiva un pezzetto di lardo salato

Non era uno stufato,

Ma un semplice pezzo di lardo

  Avuto con la carta   annonaria

Il profumo delle castagne arrosto

Che scoppiettavano

Nella padella bucata

Erano la cena e il pranzo

Della giornata.

 Il profumo dei limoni

E dei mandarini

Si diffondevano

Nell’aria satura di fumo

E creavano l’atmosfera

Di un giorno di festa.

 Eravamo in piena carestia

Mentre nelle vie del paese

Transitavano i carri armati

Dei tedeschi in ritirata.

  Ma quella non era una bella giornata

Fuori faceva molto freddo

E fischiava il vento

Mio padre aveva vicino

La fiasca di vino

E a noi ragazzi

Ci davano

Un arancio

O un mandarino

Che la zia aveva raccolto

Nel nostro giardino

 Però attorno a focolare

C’era il caldo del fuoco

Il sorriso nel cuore

E dell’amore famigliare

 

Il Gabbiano.

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